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La censura sui film e sulle serie proiettate in aereo

Mariarosa Mancuso

Le compagnie aeree tagliuzzano le scene di sesso, i nudi e i drammi. Ovviamente sono bandite le pellicole con incidenti aerei

C’era una volta la censura. La censura storica del codice Hays. In verità, un tentativo di auto-regolamentarsi: le major decisero che era meglio frenarsi da sole, prima che arrivasse qualcuno dall’esterno a fare danni. Era la censura che vietava i letti matrimoniali, sia pure tra coppie sposate, e avrebbe voluto togliere lo sciacquone in “Psycho” di Alfred Hitchcock (chiediamo scusa a Guido Vitiello e al suo dottissimo “Una visita al Bates Motel” per essere caduti così in basso).

 

C’era una volta la censura. Sui film e sulle serie proiettate in aereo c’è ancora. Non volate Emirates se volete vedere per intero “Killing Eve” di Phoebe Waller-Bridge, l’attrice (e sceneggiatrice) di “Fleabag” (sta per sacco di pulci, detto di una ragazza non le fa onore). I baci lesbici sono stati eliminati. E lo stesso è capitato a “Lady Bird”, il film di Greta Gerwig con Saoirse Ronan: c’era un accenno di gayezza, così leggero che uno rischia di dimenticarlo. E invece zàcchete, anche quel titolo entra nel club dei 40.000 piedi d’altitudine, dove i film sono purgati e ripuliti da qualsiasi dettaglio possa urtare la clientela internazionale.

 

“Inflight entertainment”. Questa è la formula, spiega un articolo sull’edizione francese di Première (loro hanno avuto il marchese De Sade, si scandalizzano più di noi per i tagli). Informa che passiamo il 60 per cento del tempo trascorso in volo guardando film. Se non abbiamo con noi la riserva – leggi, “roba scaricata da Netflix prima di partire” – finiamo in mezzo a una guerra commerciale. I distributori specializzati si riforniscono presso società specializzate, che prendono i film dalle major e li tagliuzzano secondo necessità.

 

Nel club dei 40.000 piedi sono banditi i film con incidenti aerei, per cominciare. E fin qui possiamo capire. Il resto deve filare via liscio: niente drammi, niente sesso e niente nudi (così finalmente abbiamo capito perché non si trova mai un film decente da vedere). In volo, lo spettatore adulto viene riportato ai suoi tredici anni. Non nel senso di Nick Hornby, che al netto dell’inflazione anagrafica dedicava i suoi romanzi a chi come lui “era rimasto impigliato in qualche parte dei suoi 14 anni”. Nel senso dei film non vietati ai minori. I film “per tutti”, da vedere – in tempi pre-internet – senza dover esibire la carta d’identità.

 

Più interessante il destino dei film che “bisogna avere per forza”. Facciamo il caso del supereroe sboccato “Deadpool”. Un primo lavaggio toglie le scene violente, il sesso, la droga, le parolacce. Il candeggio successivo viene fatto seguendo le istruzioni del committente, la singola compagnia aerea. Le versioni intermedie, per compagnie occidentali che volano in zone del mondo problematiche. Prima di gridare allo scandalo: la piattaforma streaming Disney + ha i diritti dei “Simpson”, e già i nerd fanno a gara per conteggiare le battute eliminate.

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