Nel riassumere per i nostri lettori la polemica in corso, ci limiteremo a dar loro i ragguagli essenziali. Sul “Contemporaneo”, Carlo Salinari ha festeggiato il passaggio di Checco Zalone dal neo-realismo più angusto al grande realismo socialista invocato da Lukács. Pochi giorni dopo però, su “Società”, Carlo Muscetta ha replicato osservando che l’eroe positivo risulta nella storia troppo “edulcorato”: secondo il critico di Avellino, per andare incontro a un gusto borghese l’autore avrebbe rinunciato a demistificare i riflessi pervasivi dello schiavismo imperialista, approdando a esiti consolatori e “meramente comico-idillici”. Quanto a Franco Fortini, nel suo tempestivo saggio “Lo zalonismo” ha rincarato la dose fustigando l’“illusione che nella attuale fase politico-economica italiana, romanzo e film possano svolgere una funzione ‘progressista’ e ‘popolare’ che non sia di retroguardia, illusione che nasce dalla indebita trasposizione nel nostro tempo della funzione progressista esercitata dalla letteratura nazional-popolare in una fase ormai tramontata della borghesia”.
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