Zalone in "Tolo Tolo" non capisce niente di quel che succede attorno a lui, ma si propone come faro di qualunque causa e civiltà, sushi o cremina per il contorno occhi
Monsieur Hulot va in Africa. Al personaggio di Jacques Tati somiglia ormai Checco Zalone, sagoma che un paio di film fa girava nel paesello calabrese tra i vecchi di nero vestiti cercando bambini (“sono alti più o meno così, giocano…”) e in Africa ha il terrore di essere finito “in un villaggio family? Con il miniclub?”. Sembra incredibile che i più brillanti cervelli del paese, e anche quelli così così, stiano accapigliandosi per decidere se “Tolo Tolo” è pro o contro gli immigrati. Se è un film buonista o cattivista. Se Checco Zalone – per la verità Luca Medici, ma è difficile tenerli separati – come il pifferaio magico ha attirato le genti al cinema con una canzoncina che sfotteva l’uomo nero, per poi farle precipitare dalla rupe con tutto il loro sovranismo.
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