Troppo bianche, troppo maschie. Candidature all'Oscar con lagna immediata
Undici nomination per “Joker”, “1917” di Mendes l’outsider
E vai con la lagna. Candidature all’Oscar troppo bianche e troppo maschie. Dov’è finita Greta Gerwig, regista di “Piccole donne”? Che ne avete fatto di Awkwafina e di Lulu Wang, attrice e regista di “The Farewell - Una bugia buona”? E “Le ragazze di Wall Street”, con Jennifer Lopez che suda nelle mosse più audaci della pole dance? (femmine anche la regista, Lorene Scafaria, e la giornalista Jessica Pressler che sul New York Magazine ha raccontato come le spogliarelliste si vendicano, via carta di credito, dei maschi ricchi). Attori neri non se ne trovano più? Per qualche anno gli Oscar sono stati cosa loro, meritevoli o no.
Siccome non esiste più cieco di chi non vuol vedere, passano in seconda linea le tre candidature ricevute dal magnifico coreano “Parasite”: miglior film straniero, miglior film e basta, miglior regista Bong Joon-ho. Pure le sei candidature di “Jojo Rabbit”, scritto e diretto e recitato da Taika Waititi, maori della nuova Zelanda. Sicuramente più esotico di Antonio Banderas, candidato come migliore attore nel film di Pedro Almodovar “Dolor y gloria”. Secondo un giornalista che non ci vede tanto bene, lo spagnolo sarebbe “l’unico non bianco” nella cinquina che oltre a lui comprende Leonardo DiCaprio per “C’era una volta a Hollywood”, Adam Driver per “Storia di un matrimonio” (il film che vi ha fatto tanto piangere), la sorpresa Jonathan Pryce (per “I due papi” targato Netflix, non c’entra nulla con la serie “The New Pope” di Paolo Sorrentino) e il superfavoritissimo – da quando “Joker” ha vinto a Venezia il Leone d’oro – Joaquin Phoenix. Su “Jojo Rabbit” (nelle sale da giovedì prossimo) si proverà anche la nostra destrezza di spettatori adulti, capaci di capire la satira. Il regista medesimo – per parte di madre si chiama Cohen, prima che partano i tweet indignati – ha tenuto per sé la parte di Hitler, amico immaginario di un ragazzino cresciuto nell’Austria nazista. Candidatura come miglior film, per la sceneggiatura non originale, Scarlett Johansson non protagonista (l’attrice è candidata invece come protagonista per “Storia di un matrimonio” di Noah Baumbach), montaggio, scenografia, costumi.
“Joker” ha avuto 11 candidature. “C’era una volta a Hollywood”, “The Irishman” e “1917” ne hanno avute dieci a testa. Tutti e quattro gareggiano nella categoria miglior film, che su nove titoli ha come unica quota rosa le sorelle March di “Piccole donne”: Amy, Jo, Beth, Meg, ma non Greta Gerwig (candidate invece Saoirse Ronan – dichiarata controfigura della regista, oltre che di Louisa May Alcott che scrisse il romanzo nel 1868 – e la strepitosa Florence Pugh). Mamma Laura Dern, fuori parte nel ruolo di chioccia amorosa, è candidata come non protagonista per “Storia di un matrimonio”, altro film prescelto nella categoria suprema, e diretto da Noah Baumbach, che di Greta Gerwig è il fidanzato, potrebbe esse un duello in famiglia.
Robert De Niro non ha avuto nessuna candidatura, era già stato snobbato ai Golden Globe (la pialla virtuale sulle rughe non gli ha portato fortuna). Sam Mendes con il suo “1917” è l’outsider, film britannico uscito da pochissimo negli Stati Uniti (lo vedremo il 23 gennaio) con incassi notevolissimi. E’ un film-concept, un lungo piano sequenza con qualche trucco, come lo era “Birdman” di Alejandro González Iñárritu. Montato così bene che inganna anche lo spettatore attento. Prima guerra mondiale, quasi tutto in trincea, segue due giovani soldati in pericolosa missione. Tecnicamente perfetto, non appassionante quanto “Dunkirk” di Christopher Nolan.
Politicamente corretto e panettone