La Mostra di Venezia 2020 – anno uno della pandemia, o anno zero dei festival che verranno – è tanto strana che troviamo consolazione in un film cinese. Lo ha diretto Ann Hui, nata a Hong Kong e premiata l’altro ieri con il Leone d’oro alla carriera. Il secondo, dopo quello andato a Tilda Swinton. Al Lido si applicavano le nuove (e demenziali) regole dell’Oscar prima che l’editto venisse emanato: riconoscimento a due donne, di cui una asiatica (e primo invito a una regista afroamericana, Regina King, sia pure fuori concorso). Cinesi ricchi, anzi ricchissimi. Siamo a Hong Kong negli anni Trenta, i genitori di una ragazza non riescono a pagarle gli studi, lei chiede aiuto a una zia. Non la zitella da film italiano: scende da una decappottabile in un abito di taffetà nero, cappello con veletta fino alle spalle, scortata da un bel giovanotto belloccio che ha la metà dei suoi anni e non pare l’autista. Tornano dalla spiaggia, lei in ciabattine con i tacchi. “Love after Love” mette di buon umore.
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