Sacha Baron Cohen è tornato
Dopo una serie di indizi sparsi in rete, ecco la conferma. Il film, ribattezzato per brevità “Borat 2”, è stato già girato per intero, perlopiù in segreto, e sarebbe già stato mostrato a qualche pezzo grosso dell’industria cinematografica
A luglio, l’ex sindaco di New York Rudolph Giuliani aveva chiamato la polizia, denunciando un giovanotto che gli era corso incontro abbigliato “con un completo rosa transgender”. Prima di applaudire – mica come da noi che sbagliamo sempre i nomi, facendo confusione tra i maschi per scelta e le femmine per scelta – sentite la descrizione: “Aveva le gambe nude, la barba, un bikini rosa con merletto e un top di maglia sberluscente”. Allertate le forze dell’ordine, mentre la singolare creatura si allontanava, Giuliani capì che l’intervistatore misterioso era Borat, con un costumino nuovo perché il vecchio verde veleno ormai si sgama subito. Conoscendo i numeri di Sacha Baron Cohen travestito da giornalista del Kazakistan – negli Stati Uniti per spiegare l’America alla nazione che ha inventato l’allegro ritornello “getta l’ebreo nel pozzo” – capì di averla scampata. Non avrebbe fatto la fine di Gore Vidal, che dopo un discorso sui massimi sistemi politici si sentì chiedere: “Ma allora la Costituzione è incinta?”.
A giugno, c’era stata la canzoncina cantata a un raduno dell’ultradestra americana, con la salopette e un cappello texano per mimetizzarsi. I volenterosi partecipanti avevano imparato subito il ritornello, che invitava a tagliare la testa, o a infettare con la “Wuhan Flu”, Hillary Clinton, Barack Obama, Anthony Fauci, i giornalisti e chiunque avesse indosso una mascherina – si sa che il virus l’hanno inventato i liberal per vincere le elezioni contro Trump. I tempi di reazione qui sono stati più lenti, e poiché il finto gruppo country aveva regolarmente pagato lo stand esiste uno spassoso filmato. Si era parlato, allora, di una nuova stagione di “Who is America?”, il programma andato in onda due anni fa su Showtime. Il secondo indizio, assieme a un titolo apparso (e poi scomparso) sul listino degli sceneggiatori americani, fa pensare a un nuovo film in uscita. Suona così: “Gift of Pornographic Monkey to Vice Premiere Mikhael Pence to Make Benefit Recently Diminished Nation of Kazakhstan”. Notiamo che rispetto al primo film, dove la Nation of Kazakhstan era definita “gloriosa”, è stato fatto un passo indietro. Quanto alla “Pornographic Monkey”, la scimmia pornografica evidentemente va presa alla lettera (non ce n’è traccia su internet, a parte questo titolo che poi è sparito: ma abbastanza giornalisti lo hanno visto per rilanciarlo). Sembra che il film, ribattezzato per brevità “Borat 2” e già girato per intero, perlopiù in segreto, sia già stato mostrato a qualche pezzo grosso dell’industria cinematografica. Si suppone lo abbiano visto anche gli avvocati di chi lo distribuirà, vista l’abitudine a sfottere chiunque che l’inglese Sacha Baron Cohen conserva, senza farsi traviare dagli americani che vorrebbero togliere di mezzo la comicità. Fioriscono le illazioni, tra i fan sfegatati. E circola un filmatino che mostra l’attore vestito da Borat alla guida di un pick up, così breve che davvero potrebbe essere chiunque. Forse neanche Borat sarà più Borat, servono altri e più astuti travestimenti per non farsi riconoscere. Dicono che il film parlerà anche del virus, il che deve avere reso le riprese ancora più difficili – e di necessità agili, per limitare i danni a cose e persone. Dicono che il film racconterà di Donald Trump e delle sue relazioni con Jeffrey Epstein, ormai definito da Wikipedia “sex offender”, come fosse una professione. Bastano i due nomi accostati per fare immaginare scandali, proteste, tweet rabbiosi, richieste di rispetto. Si sussurra che “Borat 2” uscirà prima delle elezioni presidenziali. Sarebbe un bel ritorno al mondo di prima.