Sono tornati. Alle loro scrivanie dell’agenzia parigina Ask – Agence Samuel Kerr, il titolare è morto qualche stagione fa – per sbrigare l’ingrato lavoro dell’agente cinematografico. Sono Andréa, Mathias, Arlette, Hervé. Gestiscono i contratti e i capricci degli attori francesi, in vista dei César o di più modesti premi. Alcuni vorrebbero solo lavorare, anche in piccoli ruoli, e dedotte le spese rendono pochissimo. Sono rami secchi da tagliare, l’azienda è in crisi – no, non per il virus e le sale chiuse, la quarta stagione di “Chiami il mio agente”, titolo originale “Dix Pour Cent”, era già stata girata (da ieri è su Netflix, come le precedenti). “Ma come si fa?”, chiedono i più giovani, appena promossi e non ancora incalliti. “Come quando lasci un fidanzato”, spiega Andréa che ora dirige l’agenzia. Basta che gli dici: “Non sei tu, sono io…” (sottinteso: “Che non funziono, che non vado bene per te, che non sono all’altezza, che non ti merito” – basta scegliere il più adatto, se proprio chiedono spiegazioni).
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