Oggi pure gli horror hanno una coscienza politica
Ecco i “jeans assassini”, ma gender inclusive, e i migranti accolti, ma in case stregate
I neri morivano per primi, nei film horror. Se per avventura riuscivano ad arrivare fino alla fine, venivano ammazzati dai buoni. Fa testo per la regola numero uno la nostra esperienza di spettatori, certificata dalla parodia di Wes Craven, “Scream” (in Italia dove bisogna sempre spiegare tutto, il film è uscito con la precisazione: “Chi urla muore”). Fa testo per l’eccezione alla regola “La notte dei morti viventi” di George Romero: Ben, sopravvissuto eroicamente a un’orda di zombie, appare ai poliziotti come un uomo nero con un fucile in mano, quindi lo uccidono.
Accadeva prima che gli horror avessero una coscienza politica. E che fossero rivendicati come genere proprio dai registi neri. Jordan Peele, per esempio, ha aperto la strada con “Scappa - Get Out” e “Noi”: due film che fanno paura, senza troppo sangue né troppa macelleria (diciamo il giusto, il terrore viene dalla trama). “Candyman”, altro horror all black diretto da Nia DaCosta, è rimasto impigliato nella pandemia, lo vedremo in estate.
I pesi massimi aprono la strada, altri horror eticamente corretti & impegnati la percorrono. Dal Canada arriva “Slaxx” di Elza Kephart. La regista non è nera, ma da consapevole cittadina del primo mondo (è nata a Montréal 44 anni fa) ha le sue preoccupazioni. E dunque inventa i jeans assassini. Capi di abbigliamento fabbricati nella lontana India, magari facendo lavorare i bambini. Con un’etichetta superfiga, vengono esposti in una catena di negozi che li spaccia a carissimo prezzo. E vanta naturalmente tutto quel che una ditta oggi deve vantare: niente impronta carbonica, colori non inquinanti, no Ogm, niente sfruttamento dei lavoratori (in questo ordine).
La timida impiegata al primo giorno di lavoro è costretta a comprarsi la divisa con i suoi pochi denari (ha addosso i jeans della ditta, ma risalgono – orrore! – alla stagione precedente). Sta per essere lanciato un nuovissimo modello “gender inclusive”, capaci di adattarsi a qualsiasi fisico. Pantaloni intelligenti, si direbbe. Infatti saltano giù dallo scaffale e fanno un macello, sterminando tutta la filiera modaiola, influencer compresa. La regista racconta di essersi ispirata agli “italian horror”. “Slaxx” era in anteprima al festival canadese Fantasia Film Festival di Montréal, accogliente rifugio di mille stranezze.
Al Sundance Film Festival 2020 c’era invece “His House” di Remi Weekes, prontamente comprato da Netflix (lì lo potete vedere, il jeans assassino ancora non ha una data né un luogo di uscita, verrà a tormentarci dopo quest’anno trascorso in tuta). Sempre nel genere “horror provvisto di coscienza”, racconta una coppia di immigrati dal Sud Sudan. Riescono fortunosamente a sbarcare in Inghilterra, dopo un viaggio tremendo. Un po’ di tempo al centro d’accoglienza, e con lo stato di rifugiati arriva la sospirata casa popolare, assieme a 74 sterline alla settimana. “Avete vinto il premio grosso”, borbotta il funzionario che li accompagna, e guardando i locali aggiunge: “E’ più grande di casa mia”. Ci sono rigide condizioni, ovviamente. Vita morigerata, niente fracasso, “per carità salutate i vicini”. Ce ne sarebbe un’altra: “Stabilità emotiva”. Assai difficile da raggiungere quando in casa si sentono rumori, scricchiolii, lamenti, voci, urla di terrore. “Che strano paese”, dice il marito alla moglie dopo la prima notte insonne. Si affaccia alla finestra, vede in cortile una vecchietta vestita d’azzurro con i capelli bianchi: “Guarda, la regina”. Poi torna l’ora di rimettersi a letto, ma intanto la carta da parati sembra avere una volontà propria e le luci non rispondono agli interruttori.
Politicamente corretto e panettone