“Godzilla vs Kong” per i fortunati d'oriente che possono tornare al cinema

Mariarosa Mancuso

Cento milioni d'incasso nel primo weekend non sono male

Cento milioni di dollari nel primo fine settimana di programmazione non sono tanto male per un film uscito finora soltanto in Cina, Corea, Australia e altri fortunati nonché remoti paesi che hanno – beati loro – riaperto le sale. Negli Stati Uniti “Godzilla vs Kong” va in streaming su Hbo Max, come tutti i film della Warner Bros che usciranno nel 2021 (Italia non pervenuta, vorranno tenere in serbo il film per gli spettatori distanziati delle arene estive).
     

Migliore incasso di un film americano in Cina dal 2019. Pandemia o non pandemia, i cinesi fanno la fila per vedere i colossal made in Usa. A volte, più degli americani, hanno salvato la redditività di titoli che in patria e in Europa erano andati maluccio. I due mostri combattenti devono ancora sgomitare un po’ prima di rientrare nelle spese. Il budget stimato comunque non è gigantesco, sotto – o molto sotto – i 200 milioni di dollari: per questo la prima volta che King Kong e Godzilla si menano lo fanno per metà sott’acqua. Ondate e spruzzi, che paiono giganteschi perché dei mostri spuntano solo dettagli. 
   

Quando Steven Spielberg girava “Lo squalo” (aveva 30 anni ed era già bravissimo) con un colpo di fiocina ben assestato attacca un bidone giallo al pesce mangiauomini – una mossa che il capitano Achab a caccia della balena bianca avrebbe apprezzato. Da quel momento, basta il bidone giallo per certi perigliosi inseguimenti. Si risparmia sul budget, e finché il pescecane non è costretto a mostrare da vicino la mascella meccanica (gli effetti speciali non erano come adesso) fa ancora più paura. 
   

 

Di questo film, resterà nel nostro cuore l’immagine di King Kong mollemente sdraiato sul portacontainer – se fosse stato lui a provocare per troppo peso l’incidente nel canale di Suez? – con la manona che sfiora l’acqua. Finché qualcosa ribolle, lo scimmione si alza, pesta i pugni sul petto come il primo (e adorato) King Kong del 1933. Ma invece di rivolgere le sue attenzioni alla signorina Fay Wray azzanna Godzilla. Il lucertolone venuto dal Giappone. Nel primo film, anno 1954, il preistorico mostro marino era stato riportato in vita per via delle radiazioni nucleari (non era passato molto tempo da Hiroshima e Nagasaki). Con il passare dei decenni, si comincia a gettare la colpa sui cambiamenti climatici.
   

“Godzilla vs Kong” – regista Adam Wingard, un apprendistato nei film horror – è ambientato in un mondo di fantasia dove umani e Titani convivono (ma, come direbbe Woody Allen, gli umani non dormiranno sonni tranquilli). Ci sono gli scienziati che vorrebbero andare al centro della terra, si dice che i Titani siano sbucati da lì. Ci sono i soliti complottisti, sciagura di cui neppure i film di mostri sono esenti. Il resto son duelli, i più spettacolari tra i neon della metropoli.
     

“Gli effetti speciali sono così meravigliosi che Godzilla sembra avere un’anima”, scrive un critico entusiasta. King Kong l’ha sempre avuta, l’anima. Da quando adagiava delicatamente la bionda prima di salire in cima al grattacielo Chrysler e lì combattere con gli aeroplani (attenzione, spoiler: poi soccombe alla leggiadria, “la bella ha ucciso la bestia”). Per giocare pulito, le altezze dei due mostri sono state pareggiate,  Godzilla tocca i 120 metri, King Kong soltanto cento (nei loro mondi solitari erano più sbilanciati a favore del lucertolone venuto dall’oriente). Lo scimmione resta tenero, e si intende benissimo con una mocciosa.
   

Godzilla e King Kong sono riusciti dove “Tenet” di Christopher Nolan e “Wonder Woman 1984” avevano arrancato. Rumorosi, fracassoni, inverosimili, ma senza rompicapi, viaggi nel tempo, donne al comando.