Un altro giro
di Thomas Vinterberg, con Mads Mikkelsen, Thomas Bo Larsen, Magnus Millang
Esiste davvero, non l’hanno inventato. Finn Skårderud esiste davvero, fa lo psichiatra, ma nega di aver teorizzato quel che gli attribuiscono in “Un altro giro”: la constatazione che gli umani soffrono dalla nascita di un deficit alcoolico, pari allo 0,05 per cento. e la cura conseguente: vino o birra per rimediare alla mancanza e riportare l’equilibrio (chimico, il resto dipende dalla tolleranza personale). France 24 ha interrogato Finn Skårderud, chiarendo l’equivoco. Nato – dettaglio ancora più divertente – dalla prefazione del dottore alla traduzione norvegese di un testo di Edmondo De Amicis sugli effetti psicologici del vino (anche questo esiste, sono conferenze tenute a Torino nel 1880, su Amazon alla modica cifra di tre euro). Meno divertente il fatto che una battuta – e un ragionamento paradossale – siano stati presi sul serio.
“Dopo un paio di bicchieri la vita sembra più bella, si potrebbe ipotizzare una costante crisi di astinenza da alcolici”: questo aveva scritto lo psichiatra, per poi passare al registro serio, e smentire categoricamente. Sulla teoria dello 0,05 che ci manca, il distratto lettore ma bravo regista Thomas Vinterberg (debuttò giovanissimo con “Festen”, meglio dimenticarlo sennò lo mandano al rogo, altro che “Ultimo tango a Parigi”) ha costruito questo film. Ogni teoria va messa alla prova, i quattro protagonisti sono già abbastanza inclini alle bevute, poterlo fare con il sostegno della scienza toglie i sensi di colpa. Sono insegnanti, l’entusiasmo alcolico li rende meno noiosi e tristi, siamo pur sempre nella fredda Danimarca. Poi l’esperimento prende la mano. Oscar per il miglior film straniero, selezionato a Cannes (l’edizione che non si fece). Vinterberg è diventato grande e le sue commedie sono un po’ meno nere.
Politicamente corretto e panettone