nuovo cinema mancuso
Tutti per Uma
La recensione del film di Susy Laude, con Laura Bilgeri, Pietro Sermonti, Pasquale Petrolo, Antonio Catania
Giugno, stagione di suo poco brillante per il cinema italiano. Non tutti i cinema sono aperti per il comma 22 che sapete: se non ci sono film americani di richiamo le multisale non riescono a far tornare i conti, ma i grandi film americani non escono se non possono contare sull’apertura delle sale che richiamano pubblico. Aggiungete il distanziamento che riduce i posti, l’impossibilità di sedersi vicini se non congiunti, i supereroi e le saghe che migrano sulle piattaforme. Vuol dire che se riparlerà a settembre, in zona Mostra di Venezia. Pur nella miseria estrema, un film come “Tutti per Uma” sta sotto il minimo, anche per i bambini a cui sembra essere destinato.
Nell’illusione che i piccoli spettatori cresciuti con la Pixar non siano abituati a film più intelligenti e brillanti di quelli che piacciono agli adulti. Voce infantile fuori campo, che descrive la famiglia di sei maschi (compreso il cane). Padre, zio, nonno, due ragazzini che vivono in una villa di campagna. Completamente al verde, hanno fatto prestiti su prestiti su prestiti, resta solo l’ipoteca sulla casa. In punto di firma, uno svenimento.
Temiamo di sapere come va a finire, e intanto una serie di gag illustra la vita quotidiana. Vernice al posto dello shampoo, un bambino grasso e bullizzato, un adulto che gira video idioti, due adulti che cercano di interpretare le parole del nonno privo di parola. Racconta tutto Emanuele di sette anni, detto Nano. Antipatico bambino sapiente che informa “in famiglia siamo tutti un po’ strani, ma in fondo chi non lo è”. Deve essere il tocco educativo che nei film per piccini italiani non manca mai. Non è finita, ovvio: dal cielo arriva una fata principessa. E noi chiediamo scusa a Mary Poppins.
Politicamente corretto e panettone