“Crociate” ingenue a Cannes 2021
La coscienza verde del Festival di Cannes è salva con il film ambientalista di Louis Garrel
"La croisade" è quel genere di film intessuti di buone intenzioni. Non a caso sta nella sezione speciale che il concorso riserva al clima
Dura solo un’ora, più che sufficiente per vedere all’opera la coscienza ecologica di Louis Garrel. Woody Allen in “Rifkin’s Festival” lo aveva scelto per il ruolo del regista, convinto con il suo film – ancora in fase di sceneggiatura – che la pace tra israeliani e palestinesi sarebbe stata cosa fatta. “Non sapevo fosse un film di fantascienza”, gli fa notare un collega meno ingenuo alla conferenza stampa. “La croisade” è quel genere di film, intessuto di buone intenzioni.
Garrel dirige e fa l’attore, assieme a sua moglie Laetitia Casta. Genitori più che montessoriani, migliori amici del rampollo, anche un pochino distratti. Dopo mesi si rendono conto che il dodicenne si è venduto il motorino, qualche vestito Dior della madre, i gemelli e gli orologi del padre, pezzi di argenteria, vini pregiati e altra roba trovata nel bell’appartamento. Va peggio all’amica della madre, anche lei con ragazzino che vuol cambiare il mondo: beve una tazza di tè e si accorge che il diamante è sparito, al dito ha solo la montatura. Tutto venduto online per una giusta causa. Portare l’acqua nel deserto del Sahara. I ragazzini che vogliono salvare il pianeta (cambiandogli i connotati) sono in tanti, una diciottenne fa da garante. Sostengono di avere un progetto: impianti per rendere potabile l’acqua di mare, una tubatura lunga lunga lunga, e voilà, dove c’era il deserto cresceranno i pomodori, magari metteranno le risaie. Siccome il peggior nemico della Terra è l’Uomo, in una fase più avanzata il piano prevede lo sterminio di un genitore su due (sarebbe stata una bella pista, se i genitori avessero cominciato a litigare – chi sarà tra noi il sacrificabile? – invece il momento James Ballard va perduto).
“La croisade” – variazione sul mondo salvato dai ragazzini – sta nella sezione speciale che Cannes riserva al clima. Il regista sottolinea il momentaccio: “Se non facciamo qualcosa adesso, nei prossimi anni gireremo solo film porno, perché dovremo stare nudi per il troppo caldo”. D’accordo, siamo nel paese di Marie Antoinette e del suo “mangino brioches”, indirizzato al popolo che chiedeva pane. Ma qui siamo al sublime, gli scettici si convertiranno. Fuori dal festival, gli esercenti sono irritatissimi per il pass sanitario che sarà richiesto a chi va al cinema, dalla prossima settimana. Cannes si è salvato, ma prima del discorso di Macron, qualche giorno fa, le voci di una chiusura anticipata per contagi erano insistenti.
Ha altri problemi “Un eroe” di Asghar Farhadi, il regista iraniano che dieci anni fa con “Una separazione” vinse l’Orso d’oro alla Berlinale, seguito dall’Oscar come miglior film straniero (i film successivi erano tutti in concorso a Cannes). Era finalmente un anti Kiarostami, ambientato tra gente con un lavoro, una casa, il velo intonato agli abiti, e anche una badante per il vecchio genitore. Qui scendiamo un po’: Rahim esce di prigione per due giorni di permesso. Ha debiti con l’ex cognato, l’intenzione è abbreviare la pena, convincendolo a ritirare la denuncia. Per un po’ sembra che la fortuna giri a favore di Rahim. L’amante segreta che il separato e padre Rahim spera di poter sposare presto trova una borsa con una ventina di monete d’oro. Gliela regala, ma i soldi non bastano a ripagare il debito. Chi ha visto “Una separazione” (o gli altri film di Farhadi, a eccezione del malriuscito “Tutti lo sanno”, con Javier Bardem e Penelope Cruz) sa che il regista è bravissimo a complicare il quotidiano, senza annoiare lo spettatore. Siccome i soldi non sono sufficienti, Rahim pensa di restituire la borsa alla legittima proprietaria: dal bel gesto potrebbe ricavare di più. I social scombinano i suoi calcoli.
Politicamente corretto e panettone