Narcisissimo me
Per favore, Nanni, smettila. Una critica a Moretti, sempre più snob
Alla conferenza stampa romana per la presentazione di "Tre piani", il regista non si è presentato. Perché? "Vorremmo saperlo anche noi", hanno risposto le attrici protagoniste. Da sempre recita la parte dell'incompreso. Ora è peggiorato
“Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?”, dice Nanni Moretti in Ecce Bombo e l’altro giorno è riuscito persino a metterlo in pratica. Alla presentazione alla stampa italiana di “Tre Piani”, il suo nuovo film, non è venuto, lasciando di stucco i presenti, a cominciare dalle sue attrici, interpreti spaesate delle intenzioni di un regista che non c’era. Per quale motivo? “Anche noi vorremmo saperlo”, ci ha detto Margherita Buy, seduta dietro una scrivania/interrogatorio, ancora più spaventata e ansiosa di uno dei suoi tanti personaggi. La protagonista del film, insieme a Elena Lietti, Denise Tantucci e Alba Rohrwacher, ha cercato di uscire dall’impasse dicendo che quello di Moretti “è un film che si inchina al racconto” e che la sua “è stata un’evoluzione, avendo rinunciato all’ironia”.
A quanto pare, l'ironia sembra per ora proprio svanita, anche se poi lui va in radio, da Luca Barbarossa, a dire che lo sottovalutano, e che proprio per questo vince sempre, riferendosi forse al tennis, sua grande passione che preferisce al padel ("Ci ho giocato solo due volte, ma mi sono fatto male al pollice"). L’errore sta forse nell’utilizzarla spesso per cose, azioni e situazioni che lo portano a considerarsi sempre e comunque superiore agli altri, a non accettare critiche o sconfitte, a non volersi mai sforzare di guardare oltre il suo "giardino" sfiorito e senz’anima che, a ben vedere, è pure molto piccolo, visto che va dal Cinema Sacher, a Trastevere, fino a Monteverde, dove vive. L’errore è non accorgersi che nel mezzo ci può essere anche dell’altro: per esempio un vialone pieno di cose, case e persone che – perché no? – possono saperne e fare più e meglio di lui. L’assenza alla conferenza stampa, è una delle tante “cantonate” Morettiane: i David e i Nastri d’Argento non ritirati o le mancate partecipazioni a festival da lui considerati “minori”.
Per lui, quello di Venezia non esiste, figurarsi il Tribeca: c’è solo Cannes e soltanto Cannes. Che, però, non lo ha considerato, visto che Spike Lee ha deciso di dare la Palma d’Oro a “Titane” di Julia Ducournau. Se il giorno prima della presentazione ufficiale del film aveva postato sul suo profilo Instagram la sua passeggiata sul tapis roulant dell’aeroporto, pantaloni scuri e camicia bianca con motivi floreali, con la musica di Gianni Morandi di sottofondo, il giorno del verdetto, lo sbrocco a suo modo, era arrivato con un altro post: “Invecchiare di colpo, soprattutto se vince un film in cui la protagonista rimane incinta di una Cadillac. Invecchi di colpo. Di sicuro”.
Ennesima spruzzata di un eau de toilette a base di narcisismo egoriferito già sentita e vista troppe volte. Per esempio prima del secondo lockdown, alla serata romana nel suo cinema, quando lesse i diari di “Caro Diario”, proiettò il film restaurato commentando, con Louis Garrel in prima fila: “Che emozione, già restaurano i miei film”. Chissà come deve averla presa bene adesso, nel vedere i fattivi ragazzi dell’Associazione Cinema America che, a pochi metri dal suo Sacher, hanno aperto il neo restaurato e architettonicamente fighissimo Cinema Troisi, battendolo con un colpo da maestro nello scegliere come film inaugurale proprio “Titane”, con la Ducurnau e l’interprete (Vincent Lindon) e quasi tutto il cinema italiano. “L’odio”, oggi, per citare un film di Mathieu Kassovitz arrivato appositamente da Parigi, a quanto pare ce l’ha solo lui.