“Tutto su di me!”, in italiano l'autobiografia di Mel Brooks
A 95 anni il regista scrive la sua ambiziosa biografia. Una vita e mille battute. Che, ahinoi, stanno diventando generazionali
A marzo del 2020, il figlio di Mel Brooks – Max, figlio del comico e di Anne Bancroft, mai dimenticata Mrs Robinson nel “Laureato” – invitava a distanziarsi, meglio ancora a stare in casa. “Ho 47 anni, se mi becco il Covid posso cavarmela. Mio padre di anni ne ha 93, se lo prende lui lo passa a Carl Reiner, e quel che resta di un’intera generazione di comici sparirà”.
"Tutto su di me!", arriva l'autobiografia del regista Mel Brooks
Adesso Mel Brooks (che nello spot su Twitter da dietro un vetro faceva segno al figlio di allontanarsi) di anni ne ha 95, e ha pubblicato l’autobiografia “Tutto su di me!” (La Nave di Teseo, in contemporanea con 40 paesi). Un’età finalmente congrua, per tener fede alla promessa del titolo – avrete notato che tanti cominciano a raccontare i fatti propri molto prima. Carl Reiner purtroppo è morto, nel giugno 2020. Mel Brooks ne parla come del migliore amico che tutti dovrebbero avere: “Su quella roccia ebrea originaria del Bronx io fondai la mia chiesa”.
Nato Melvin James Kaminsky, Mel Brooks è un ebreo di Brooklyn. Già a sentire il nome viene in mente l’inizio di “Vogliamo vivere”, titolo italiano per “Essere o non essere” di Ernst Lubitsch: la sfilza di “Lubiski, Maslowski, Kuninski, Poznanski” che anticipa “Siamo a Varsavia”. Nel remake, Mel Brooks e Anne Bancroft cantano e ballano la versione in polacco di “Sweet Georgia Brown”. Prima di far sapere allo spettatore che Frederick Bronski – poi si esibirà nel suo fior da fiore da “Amleto” – è “universalmente famoso in Polonia”. Una delle battute che dobbiamo a Mel Brooks, che ahimè stanno diventando generazionali. Il nome di Frau Blücher seguito dal nitrito – in “Frankenstein Junior” – forse non è svanito dalla memoria (almeno tra chi non crede che il cinema sia stato inventato da Quentin Tarantino). Magari neanche “lupo ululà… castello ululì”, geniale traduzione (bisogna dirlo, doppiaggi e adattamenti non sono sempre stati scarsi) della domanda “Werewolf?” (vuol dire “lupomannaro”), che ha per risposta: “There… Wolf and there… Castle!”.
Sicuramente nessuno ripeterà “un altro passo e ammazzo il negro”, pronunciato dallo sceriffo nero di “Mezzogiorno e mezzo di fuoco”. Si presenta agli abitanti del vecchio West tutto vestito Gucci: completo scamosciato con frange, e borsa con il morsetto. La frase gli serve per avere un po’ di attenzione da parte dei villici, nessuno osa più dire una parola.
Un omaggio alla comicità ottimo per sfangare il Natale
“Tutto su di me!” è un titolo impegnativo, ma Mel Brooks racconta proprio tutto, l’infanzia affamata e il periodo passato nell’esercito durante la Seconda guerra mondiale. Il rancio non era granché, ma abbondava. Per ripararsi le orecchie quando sparava aveva imparato a farsi i tappi con mezza sigarette pressata. A volte tende al troppo: i numeri da varietà televisivo (uno fu sospeso per troppo successo, lo sponsor che fabbricava televisori non riusciva a evadere tutte le ordinazioni) e le canzoni di scena non rendono benissimo sulla pagina scritta. Oltre alle foto servirebbero le voci e soprattutto le pause, motore primo della comicità.
A 14 anni, nei monti Catskill – ricordate gli spettacoli estivi di Mrs Maisel? lì i comici ebrei andavano a farsi le ossa – aveva il compito di riempire, e riempire, e riempire il contenitore della panna acida. Con la stessa allegria, racconta le tremende mine soprannominate “bouncing Betty”. E il fortuito incontro con Gene Wilder, ovvero il “dottor Frankenstin”. Litigarono una volta sola, per via del tip tap sul brano “Puttin’ on the Ritz”: ballano lo scienziato la creatura, in smoking con il farfallino. Mel Brooks era contro, cambiò idea quando vide la scena. Un omaggio alla comicità lungo pagine, ottimo per sfangare il Natale.