Premiazioni a porte chiuse
Golden Globe annunciati su Twitter, le cerimonie non fanno più differenza
Così finisce la gloria di chi si vantava di tracciare la strada verso gli Oscar, tra futili polemiche sull'inclusività della giuria e la Nbc che si tira indietro. Tanti premi a "Il potere del cane" e "West Side Story". Tra le serie, sbanca "Succession". E meno male che non si sono dimenticati di "Squid Game"
Verranno ricordati come i Golden Globe fantasma. Premi assegnati in contumacia, le star a casa loro, niente pubblico e niente stampa, un tweet dopo l’altro per annunciare i vincitori. Così finisce la gloria di chi si vantava di tracciare la strada verso gli Oscar, scoprendo e segnalando ai giurati dell’Academy film meritevoli, magari un po’ di nicchia. Dopotutto, era la stampa estera a Los Angeles: gente di mondo, raffinata, non legata all’industria dei blockbuster. Perfino i giurati degli Oscar stavano cominciando a credere alla favoletta.
Caduta precipitosa, per futili motivi. Mancanza di inclusività: nel numero degli eletti non si è trovato neanche un nero, e già che stavamo a spulciare si è visto che gli eletti non lo erano poi tanto (se non per i regali ricevuti). Nessuno, per esempio, dei giornalisti britannici o francesi che leggiamo. La finanza era piuttosto allegra, tre milioni agli associati e allo staff, tra stipendi e altri compensi; un milione e trecentomila per “spese di viaggio”. La Nbc che trasmetteva la serata, nota a Hollywood per lo champagne gratis (è incredibile che le star badino a queste cose, ma evidentemente ci badano), si è tirata indietro. Queste cerimonie attirano sempre meno pubblico: ora che per curiosare nelle vite delle star esiste Instagram, un abito da sera in più e un’intervistina non fanno la differenza.
Ecco comunque i risultati della partita giocata domenica sera a porte chiuse. Prima della lista, Jane Campion con “Il potere del cane”: miglior film e migliore regista, mentre Kodi Smit-McPhee (il timido ragazzino vessato dal macho Benedict Cumberbatch) è il migliore attore non protagonista. Secondo della lista – i Golden Globe premiano anche le serie e per i film distinguono tra protagonisti comici e drammatici – “West Side Story” di Steven Spielberg. Premiate anche le sue attrici, e strepitose ballerine, Rachel Zegler (Maria, la giulietta innamorata) e Ariana DeBose (la sorella che sa quanto sia pericoloso, da portoricana nella New York fine anni 50, fidanzarsi con un polacco). Costato 100 milioni di dollari, il film ne ha incassati finora poco più di 50: neanche gli americani vanno più al cinema.
“Belfast” di Kenneth Branagh ha vinto per la sceneggiatura. Racconta l’infanzia del regista in Irlanda, e la fuga verso Londra quando i “troubles” cominciavano a diventare molesti (lo vederemo a marzo, dopo tanti falsi allarmi). Nicole Kidman ha vinto come attrice protagonista nella catergoria “drama” per “Being the Ricardos”, scritto e diretto da Aaron Sorkin, su Prime Video già da un po’. Le piattaforme almeno non ci fanno sospirare, tra i premiati merita anche Andrew Garfield nell’altro bel musical “Tick, tick… Boom!” su Netflix: i patemi di un musicista che sente ticchettare l’orologio e vuol combinare qualcosa prima dei 30 anni.
Parlando di serie drammatiche, non poteva non vincere “Succession” di Jesse Armstrong, alla terza stagione senza cedimenti di sceneggiatura. Premiati anche l’attore Jeremy Strong, al centro di un ritratto pungente del New Yorker che mette alla berlina il suo metodo (sul set non parla con nessuno, per non uscire dal personaggio). E l’attrice Sarah Snook, unica femmina della dinastia Roy, sempre sul punto di avere la meglio sui fratelli maschi d’accordo solo su una cosa: non sarà lei l’erede. Stranezze: i giurati della stampa estera si sono accorti di “Squid Game”, e hanno premiato Oh Yeong-su, l’anziano concorrente al gioco mortale. Non vivono così fuori dal mondo. Oppure Netflix li ha provvisti di abbonamento gratuito, nuova versione dei Dvd che regolarmente piratati giravano on line con la scritta di traverso: “For your consideration”.