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Serve un travestimento! Non solo Drusilla, già "Victor/Victoria" mescolava le carte
Nel film di Blake Edwards dell'82 era una donna che finge di essere un uomo che sul palcoscenico finge di essere una donna. Audace? Ma figuriamoci, era già un remake. E l'originale era del '45
Bilancio dell’operazione Drusilla Foer a Sanremo. Battute sparse. L’obbligatorio discorsetto a favore della diversità, che ha costretto la svampita signora agli occhiali per non perdere il filo (non è grave, leggono dal gobbo anche i professionisti, solo che bisogna fare un po’ di apprendistato). Un travestimento da Zorro, con spada mantella e baffetti, perché il pubblico di Sanremo e dell’Italia tutta si aspettava un travestimento.
Che travestimento è quello di un giovanotto che si fa i capelli platino, porta benissimo gli abiti da sera, parla un italiano mai sentito in televisione? E’ solo la signora più chic di tutte le altre sul palco di Sanremo (e i libri li scrive: “Tu non conosci la vergogna. La mia vita eleganzissima”, Mondadori). Non si vede il travestimento, e invece Zorro lo capiscono tutti.
“Serve un travestimento”, dice l’intrattenitore Robert Preston (in arte Toddy) a Julie Andrews che in “Victor/Victoria” diretto da Blake Edwards si chiama Victoria Grant. Siamo a Parigi negli anni Trenta, la poveretta non riesce a rimediare una scrittura a dispetto della sua voce spacca-cristalli. Mangia al ristorante con uno scarafaggio nella borsetta, e verso la fine del pasto lo lascia discretamente scivolare nel piatto. Strilla. Chiama il cameriere. Indica schifata la bestiola e nessuno le chiede di pagare.
Dopo un po’ la voce si sparge, i ristoranti non la fanno più entrare. Da qui l’idea di Toddy. Victoria fingerà di essere il conte polacco Victor Grazinski, che si esibisce en travesti. Una donna che finge di essere un uomo che sul palcoscenico finge di essere una donna. Audace? Ma figuriamoci, il film è del 1982, ed è già un remake: l’originale era un film tedesco girato negli studi tedeschi dell’Ufa, che voleva gareggiare con Hollywood per il predominio (tutto ovviamente crollò con ignominia nel 1945).
L’American Film Institute ha messo “Victor/Victoria” tra le cento migliori commedie di sempre (ed è un vero peccato che per vederla dobbiate pagare il noleggio a qualche piattaforma che già avete – o anche non avete, lo propongono in parecchie). Tutto merito di Blake Edwards – “Hollywood Party”, per dire un titolo – e della strepitosa Julie Andrews. Convincente in abiti maschili, e doppiamente sexy come maschio travestito, sul palcoscenico.
I guai arrivano puntuali (senza, non c’è commedia). Un gangster americano si incapriccia del conte Victor, e siccome da quelle parti “Io frocio, tu morto” (è una battuta in “Terapia e pallottole” di Harold Ramis, quello il foro competente per le proteste) non vuole credere che sia un uomo. Quindi cerca di smascherarlo. Con mezzi leciti e illeciti. Con il cerino acceso resta il maschio un po’ sovrappeso Toddy, che aggiungerà uno strato al travestimento fingendosi Victoria. Altro che Zorro.
Politicamente corretto e panettone