Le innovazioni di Morricone sono ancora ignorate in Italia. Intervista a Teho Teardo
"Ennio", diretto da Giuseppe Tornatore, celebra, fotogramma dopo fotogramma, la figura del grande compositore italiano. La scomparsa del musicista non ha ridotto l’attenzione verso i segni della sua vitalità artistica
Ricostruisce, rende omaggio, riesce in certi frangenti addirittura a commuovere. Nel corso di oltre due ore e mezza, Ennio celebra, fotogramma dopo fotogramma, la figura di Ennio Morricone. Diretto da Giuseppe Tornatore, il documentario arriva in questi giorni sul grande schermo, distribuito da Lucky Red in un circuito selezionato di trecentocinquanta sale, dopo essere stato presentato fuori concorso lo scorso settembre alla 78ª edizione della Mostra d’arte internazionale cinematografica di Venezia.
Un passo indietro. Proprio dalle mani del maestro, Teho Teardo ricevette nel 2009 il premio Morricone. In virtù di qualche affinità: oltre a un certo gusto per la dissonanza, anche il lavoro di composizione a servizio del cinema – più di preciso, per registi del calibro di Paolo Sorrentino, Gabriele Salvatores e Daniele Vicari. Ha potuto quindi conoscerlo e osservarlo da una prospettiva ravvicinata. “Su di lui potrei raccontare anche un paio di aneddoti, se vuole”, esordisce il musicista – classe 1966, friulano di nascita, ma da diversi anni abitante della Capitale. “Poco prima dell’inizio della cerimonia di consegna – ricorda – mi prese da parte per domandarmi se sapessi scrivere un contrappunto doppio o una fuga”.
Secondo episodio: “Un anno più tardi, in vista dell’uscita di un mio disco, si offrì di scriverne la presentazione”. Così recita quel breve testo: “L’esperienza mi suggerisce che, presto o tardi, chi cerca trova. Nel frattempo, possono avvenire momenti importanti, come quelli che è possibile ascoltare in questo bellissimo disco”. “L’aspetto curioso consisteva nell’insistenza a inviarmelo via fax, strumento già allora preistorico. Mi telefonò e disse: ‘Sono Ennio, cercavo il maestro Teardo’. ‘No, semmai tra i due il maestro è lei’, ebbi la prontezza di rispondergli”. “Ecco – puntualizza – si tratta di particolari, eppure rivelano da un lato il rigore dell’artista e dall’altro la semplicità dell’uomo”.
Da addetto ai lavori, Teardo si sarebbe aspettato maggiore coraggio dal film di Tornatore. “Ho visto moltissimi contributi da parte di chi ha avuto l’occasione di collaborare con lui. Perché non chiederne uno a un vero cultore come John Zorn?”, lamenta. “In generale, tutto il discorso sulla musica riflette una certa superficialità del nostro paese. E’ un dato di fatto: mentre Morricone innovava il concetto di arrangiamento, conferendo dignità autoriale al genere e dirottandolo verso la musica assoluta, l’Italia prestava orecchio a tutt’altro”. “Eppure si è trattato di uno stravolgimento del vocabolario comune. Prendiamo il commento sonoro di ‘Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto’: le prime dodici battute esprimono, anche grazie all’uso del rumore, tensione, senso del grottesco, attesa, persino ironia” spiega. “Di fronte a tutto ciò, non si può commentare in altro modo se non con un ‘chapeau!’”.
Al netto delle critiche, il film contiene pure innegabili qualità: la minuziosa ricerca dei materiali d’archivio, l’accuratezza sul piano narrativo e la vastità delle testimonianze. Il risultato si dimostra tanto più efficace quanto più riesce a mostrare gli elementi della folgorante traiettoria esistenziale e artistica di Morricone.
Il magistero di Goffredo Petrassi; i seminari estivi a Darmstadt sotto la supervisione di Karlheinz Stockhausen, il mestiere di arrangiatore negli studi della Rca; la nascita del Gruppo d’Improvvisazione Nuova Consonanza; la stagione degli spaghetti western e l’inizio del lungo sodalizio con Sergio Leone; il lavoro di sperimentazione continua per un numero impressionante di altri registi; l’exploit internazionale; la conquista di due premi Oscar, uno dei quali assegnato alla carriera; la definitiva consacrazione su scala planetaria.
Nonostante buona parte di questa storia sia già stata scritta, molto resta ancora da scoprire. Già Valerio Mattioli in Superonda. Storia segreta della musica italiana (Baldini & Castoldi, 2016) aveva passato al setaccio le vicende legate all’opera di Morricone nel periodo 1964-1976. Risale, invece, al novembre 2020 la messa in commercio per l’etichetta discografica CAM Sugar di “Morricone segreto”, una raccolta di ventisette brani inediti in grado di mostrare agli appassionati il suo lato “nascosto, dark e psichedelico”. A dispetto di un catalogo che può vantare circa cinquecento titoli per un volume di vendite pari a settanta milioni di dischi in sessant’anni di carriera, l’uscita di altre sorprese postume in futuro non sorprenderebbe. Del resto, la scomparsa del musicista non ha ridotto l’attenzione verso i segni della sua vitalità artistica. Esito lusinghiero per l’opera di quello che Teardo definisce “un innovatore geniale e camaleontico, capace di diventare ogni volta in qualcosa di diverso a seconda delle esigenze, pur rimanendo fedele a sé stesso”.
Effetto nostalgia