Edizione n°75
Via a Cannes 2022, il festival che vuole sentirsi giovane. Ma il morale del cinema è basso
L’onore di aprire la manifestazione è toccato a “Coupez!”, un remake, di Michel Hazanavicius. Tik Tok fa da sponsor e sarà premiato anche il miglior mini-film in formato verticale. Le serie tv restano alla finestra, ma fuori concorso c'è “Esterno notte”, la prigionia di Aldo Moro rapito dalle Br, di Marco Bellocchio
Cannes ha 75 anni e le tenta tutte per non dimostrarli. Qualche anno fa c’era divieto assoluto di selfie sul tappeto rosso. Quest’anno Tik Tok è sponsor ufficiale del festival, che premierà il miglior mini-film in formato verticale. L’altro ieri è stato vittima di un attacco bot, che ha impedito agli accreditati di prenotare i biglietti per le proiezioni. Finiti i tempi in cui si poteva andare allegramente di sala in sala, se un film dopo mezz’ora inquadrava lo stesso paesaggio, senza apprezzabili cambiamenti (esempio preso dalla vita, non inventato).
È presto per sapere se anche i film selezionati potranno dirsi contemporanei. Però va messo subito a verbale che due proiezioni soltanto per “Elvis” di Baz Luhrmann non paiono una scelta lungimirante per un festival che vuol essere il numero uno al mondo (e neppure l’atteso titolo apre la manifestazione, come tutti speravamo: produttori e distributori devono aver deciso altrimenti). Intanto registriamo la scaramuccia tra il direttore Thierry Frémaux e l’informatissimo sito Deadline. Per via di un’intervista che l’ufficio stampa aveva voluto rileggere (pretesa considerata indecente dalla stampa americana) ed era stata rimaneggiata alla domanda “inviterebbe ancora Polanski?” e in altri punti non abbastanza woke.
L’onore di aprire il festival è toccato a “Coupez!” di Michel Hazanavicius (già premio Oscar nel 2011 per “The Artist”): remake di una commedia horror giapponese diretta da Shin’ichiro Ueda. È difficile inventare trame nuove, i francesi non si fanno scrupoli quando decidono di promuovere i film di genere, magari è un capolavoro (ne riparliamo domani, sono state eliminate anche le proiezioni anticipate per la stampa, colpa degli spoiler su Twitter). Di sicuro è una pessima pubblicità per il futuro degli spettatori, che in Francia sono il 30 per cento in meno (in Italia il 60 per cento) rispetto all’ultimo anno buono. Cifre che richiedono un contesto: il film francese “Maison de retraite”, ambientato in una casa anziani, ha messo insieme due milioni di spettatori. A una media di dieci euro a biglietto fa venti milioni, quanto ha incassato in Italia il fenomeno “Spider-Man: No Way Home”.
“Has the magic returned?”, titola The Hollywood Reporter. Mentre Libération scrive apertamente che il morale è a mezz’asta. Una prima assoluta, per il quotidiano, e i francesi contano anche le rinunce agli “abbonamenti illimitati” proposti dalle sale. Il numero è custodito come un segreto di stato, non è difficile pensare che i titolari siano migrati sulle piattaforme. Le serialità viene tenuta a distanza, a meno che non sia diretta da un regista con pedigree, vecchia conoscenza di Cannes. E deve essere stabilita un’uscita nelle sale. È il caso di Marco Bellocchio, fuori concorso nella sezione Première con “Esterno notte”: la prima parte esce nei cinema italiani oggi, la seconda il 9 giugno. Tre ore più tre ore, diventeranno sei episodi in onda su Rai 1 il prossimo autunno.
Lo scudo crociato della Democrazia cristiana con rose e corona di spine sta sul manifesto, per raccontare la prigionia di Aldo Moro rapito dalle Brigate rosse. 55 giorni di sofferenze, proclami, comunicati, lettere accorate, diagnosi affrettate (“non dice sul serio di trattare con i nemici dello stato, è sotto choc”), inutili ricerche, indizi che portano a laghi gelati, le forze dell’ordine e i carnefici che (forse) si sfiorano, ma al campanello nessuno risponde. Marco Bellocchio aveva già girato nel 2003 un bel film sul rapimento, “Buongiorno notte”. Altro segno di contemporaneità: non c’è vicenda che non possa essere espansa a serie. Per un film appassionante di un’ora e mezza, a chi bisogna chiedere?
Politicamente corretto e panettone