Zombie & Maverick
A Cannes si temeva Charlie Chaplin, ma poi ci si svaga con “Coupez!” e “Top Gun”. Per fortuna
Tom Cruise? Pensavamo fosse più basso
Ad assicurare l'adrenalina e il divertimento al festival francese ci pensano un film sugli zombi (che prima dell'invasione russa doveva chiamarsi "Z") e l'ultima pellicola di Joseph Kosinski, che riporta Tom Cruise nei panni dell'asso "Maverick"
Collegato in diretta con il festival di Cannes, Zelensky aveva associato a questi tempi di guerra “Il grande dittatore” di Charlie Chaplin. O qualcosa di simile: se possiamo suggerire, sarebbe andato anche meglio “Vogliamo vivere” di Ernst Lubitsch, che nel 1942 metteva in ridicolo i nazisti. Ha avuto gli zombie. Non semplici zombie, per carità. Zombie nobilitati dal cinema del cinema, dalla passeggiatina dietro le quinte che svela la finzione, e non fa somigliare i festivalieri a ragazzini che applaudono ogni testa maciullata. “Coupez!” – avrebbe dovuto intitolarsi “Z” prima delle proteste ucraine – è l’ultimo film di Michel Hazanavicius. Uno che col cinema (muto) aveva già giocato in “The Artist”. Il film è divertente, a tratti anche molto, il regista ha portato sul set tutta la famiglia: la moglie Bérénice Béjo e la figlia Simone. Converrebbe dire il meno possibile, ma senza la promessa di qualche ghiottoneria non è sicuro che gli spettatori accorrano (i francesi lo hanno già nei cinema sotto casa, da qualche anno il regolamento del festival di Cannes lo richiede, per non sprecare tanta pubblicità).
Stanno girando un film di zombie, molto sgangherato. Il regista isterico strapazza la giovane attrice perché vuole “verità”. Circola sul set la leggenda che poco lontano ci siano veri morti viventi, che infatti non tardano a manifestarsi e a mangiucchiare. Fine del film dentro il film, titoli di coda. Si torna indietro a qualche mese prima. I giapponesi cercano un regista francese disposto a girare un film di zombie: mezz’ora di piano sequenza per inaugurare una piattaforma. Il set è un disastro, il poveretto si arrangia per portare a casa il lavoro, governando committenti e attori vanitosi. Partono a raffica le gag: “Guardate quanto è finto tutto quel che vedete”, “osservate l’arte di arrangiarsi”. C’è tutto per sentirsi migliori, soprattutto se non ricordate il film di Peter Bogdanovich “Rumori fuori scena”, tratto dalla spassosa commedia di Michael Frayn che faceva lo stesso gioco con il teatro. E già Alberto Arbasino, in “Fratelli d’Italia”, detestava i registi che alla fine dello spettacolo mostravano la cartapesta e gli attori con le parrucche in mano, per rompere il giocattolo.
All’opposto, nel programma di Cannes, c’era “Top Gun: Maverick” di Joseph Kosinski (esce in Italia il 25 maggio). Orgogliosamente fiero di non mostrare il dietro le quinte. Tom Cruise ha 60 anni e in t-shirt fa ancora la sua figura (sì, bisogna ricordarlo, il primo e fortunatissimo “Top Gun” di Tony Scott uscì nel 1986). E nel film non sembra neppure bassino, come lamentava la sua ex consorte Nicole Kidman (certo che ci sono stati trucchi, e le inquadrature sono scelte accuratamente, ma non abbiamo voglia di saperlo). Puro e grande divertimento, con una trama intelligente, effetti speciali magnifici, atterraggi e partenze dalla portaerei, personaggi ben scritti. Tom Cruise – Maverick è il soprannome, alla base tutti ne hanno uno – ancora vola, rifiutando promozioni che lo costringerebbero dietro alla scrivania. Spesso e volentieri non rispetta gli ordini, ma nessuno come lui sa pilotare i caccia a velocità che neanche credevamo possibili.
Lo chiamano per addestrare gli allievi migliori dell’Accademia a una missione segreta. Tra loro c’è il figlio del suo ex compagno di volo: si fa chiamare “Rooster”, ha la faccia di Miles Teller (molto cresciuto da quando si faceva sanguinare le mani suonando la batteria in “Whiplash”). Bisogna infilarsi in un canyon strettissimo, sganciare le bombe, risalire una parete quasi verticale. Per combattere uno stato canaglia che alla fine si svela tutto neve e foreste, Russian Style.