A new york
Sulla storia dell'Angelo delle Acque ce n'è abbastanza per una miniserie
Spunti dal libro della giornalista Maria Teresa Cometto, che racconta della statua che nel 1873 venne collocata sopra la fontana di Central Park (dove ancora oggi si trova)
Presto, una miniserie. C’è tutto quel che serve. La New York ottocentesca, con gli immigrati che vivono in tuguri a rischio d’incendio o colera, e gli immigrati che accumulano colossali fortune: Jacob Astor veniva dalla Germania, figlio di un macellaio, farà i soldi con le pellicce e le speculazioni immobiliari.
La Roma dei papi, con una comune di scultrici americane arrivate per studiare le statue classiche e rimaste prigioniere della dolce vita di allora, ostriche e cinghiale in agrodolce. Scultori maschi che si ribellano alla sleale concorrenza, mentre le rivali – che a volte si fanno aiutare da artigiani per i lavori pesanti – stringono amicizie amorose e parlano di matrimonio. La statua di un angelo dai tratti delicati, su cui grava il sospetto di una raccomandazione: tra i committenti, c’era il fratello della scultrice. Abbiamo visto l’Angelo delle Acque della Bethesda Fountain in decine di film (se vi siete anche fatti un selfie non lo vogliamo sapere). Era in “Io e Annie” e altri film di Woody Allen, in “The Producers - Una gaia commedia neonazista”, in “Come d’incanto” con Amy Adams (principessa bella favole che si ritrova per magia nella New York contemporanea), era nelle miniserie tratta da “Angels in America” di Tony Kushner, e in un episodio di “Sex and The City”.
Conoscenza superficiale. Dell’Angelo sapevamo poco o niente prima di leggere il libro che Maria Teresa Cometto, giornalista da 20 anni a New York, gli ha dedicato: “Emma e l’Angelo di Central Park” (Neri Pozza). Emma è Emma Stebbins, newyorkese di buona famiglia nata nel 1815: la prima donna a lavorare su commissione per un’opera d’arte pubblica a New York. A spazzar via il sospetto di nepotismo, le altre opere della scultrice. Tra cui “Industry” e “Commerce”, commissionato da un immigrato tedesco che si era arricchito con il carbone. Un minatore per l’“Industria” e un marinaio per il “Commercio”, ispirati a statue classiche ma scolpiti in abiti da lavoro. Del resto, le porte d’ingresso a Central Park non sono dedicate a celebrità ma agli artigiani, ai contadini, ai pionieri, ai falegnami.
Maria Teresa Cometto ha setacciato archivi, interrogato discendenti, ripercorso a Roma i passi di Emma Stebbins che con l’attrice Charlotte Cushman abitava in via Gregoriana. Henry James – l’antipatico che tra i miasmi notturni del Colosseo farà morire la sua eroina Daisy Miller – le racconta così: “Una strana sorellanza di signore scultrici americane sistemate sui sette colli come uno stormo (o gregge) marmoreo”. Nathaniel Hawthorne, lo scrittore della “Lettera scarlatta” che a Roma aveva vissuto nel 1858 con la famiglia, era amico di Emma e del suo circolo di artiste – ricerche per il romanzo “Il fauno di marmo”.
L’Angelo delle Acque si attirò un’infinità di critiche. Artistiche e no. Chi trovò la statua “troppo mascolina”, e dopo aver contattato la rotondità dei seni si scandalizzò per il patchwork tra i sessi. Il piede che sfiora l’acqua è suggerito dal racconto evangelico. C’era a Gerusalemme una vasca circondata da portici, e sotto i portici un gran numero di infermi. Di tanto in tanto un angelo agitava l’acqua, il primo a entrare nella piscina guariva da qualsiasi malattia. Nel 1873 la statua fu collocata al suo posto, sopra la fontana. Era finita già da dieci anni, ma si sa come vanno le commesse pubbliche. C’è la burocrazia, e c’è la vita familiare di Emma, tra amori, corna, e bigliettini ingoiati per non mostrarli alla compagna tradita (erano indirizzati alla nuova amante). Finì a suon di pugni, tra sedie e tavoli rovesciati. Anche la rissa tra signore gelose si addice alla miniserie.
Politicamente corretto e panettone