Nostalgia millennial
La generazione Y sarà pure woke, ma guai a dirle che Velma Dinkley è lesbica
L'orientamento sessuale del personaggio di Scooby-Doo - occhiali, dolcevita arancione, intelligente e studiosa - è stato svelato qualche giorno fa nell’ennesimo film della saga. E I fan storici non l'hanno presa bene
Da piccolo ti sei divertito con l’Happy Meal, la scatola regalo di McDonald’s che oltre all’hamburger e alle pepite di pollo fritto conteneva il pupazzetto? Lo riavrai uguale da grande: stesso cibo (forse un po’ meno grassi), stessa bibita (forse un po’ meno zuccheri), porzione ragionevole di patatine fritte, gli stessi pupazzetti.
O quasi: “Grimace”, “Hamburglar” e “Birdie”, più il nuovo “Cactus Buddy”, frutto dell’accordo con la ditta di streetwear Cactus Plant Flea Market, che per l’occasione ha disegnato sulle felpe gli archi dorati (l’origine degli archi e delle polpette è ben raccontata nel film “The Founder” di John Lee Hancock, con Michael Keaton). Una lunga intervista con Simone Signoret (nata più o meno un secolo fa) aveva per titolo “La nostalgia non è più quella di un tempo”. Si riferiva a Picasso, al regista Clouzot, allo scultore Giacometti, a Jean-Paul Sartre: amici di una vita trascorsa ai tavolini del Café de Flore, che faceva credito e a volte accettava un disegno sul tovagliolo. La nostalgia è sempre la stessa. Non dipende dalle persone o dai luoghi ma dall’età impressionabile. A chi sono toccati i libri, a chi il cinema, a chi le figurine Panini, a chi i videogiochi, a chi i vinili, a chi i fumetti giapponesi, a chi l’Happy Meal. In vendita per tutto ottobre, i pasti-con-giocattolo dedicati agli adulti – precisamente ai millennial, nati dagli anni 80 fin verso la metà degli anni 90, con l’11 settembre come tragedia condivisa, il loro “ma tu dov’eri quando hanno ucciso JFK?” – sono già esauriti in molti McDonald’s.
Il malanno, o sentimento, chiamato “nostalgia” vanta una precisa data di nascita. Era il 1688 quando Johannes Hofer – studiava Medicina all’Università di Basilea – osservò i mercenari svizzeri al servizio del re di Francia Luigi XIV. Lontani dalle montagne si intristivano fino ad ammalarsi, qualcuno moriva. Nulla riusciva a guarirli, se non il ritorno alla catapecchia natìa. Il brillante giovanotto raccontò le loro sofferenze in una “Dissertazione medica sulla nostalgia”. Non c’è bisogno di allontanarsi in terre straniere. Il passato lo è già abbastanza. Prendiamo “Scooby-Doo” e derivati film e fumetti. Nel 2004 la serie tv animata superò per numero di episodi “I Simpson”, che sono alla stagione numero 34 e ancora si difendono. Un cane parlante e quattro ragazzi girano il mondo su un furgone e risolvono misteri. Perlopiù smascherando gli impostori che vendono fumo, fantasmi o fenomeni soprannaturali – per coprire il loro crimini (bella e sana educazione razionalista: oggi la serie preferita dai ragazzini ha per titolo “Stranger Things”).
Assieme all’alano Scooby-Doo, già nel 1969, c’erano due maschi e due femmine. Daphne Blake, ragazza modaiola con i capelli rossi e una predisposizione a mettersi nei guai. E Velma Dinkley: occhiali, dolcevita arancione, molto intelligente e studiosa (per voi della generazione Harry Potter: Hermione). Ora ha diritto a una serie tutta per sé: “Velma” – su Hbo Max, lo streaming di Hbo. Velma è lesbica, lo ha svelato qualche giorno fa l’ennesimo film della saga. Ora sappiamo che è asiatica, doppiata da Mindy Kaling (Kelly Kapoor in “The Office” edizione Usa, era anche produttrice, regista, sceneggiatrice). I fan non l’hanno presa bene – sospettavano il lesbismo, ma l’inclusione poteva finire lì. Sospettando il voltafaccia dei nostalgici, il trailer anticipa le critiche. Velma scrive alla Hbo, furiosa: la bionda Judy, nel remake della sua serie preferita “I pronipoti”, ha la pelle nera. E’ cosa nota e universalmente riconosciuta che i nostalgici, pur dichiarandosi woke, non tollerano nulla che possa turbare i loro ricordi.