il ritorno del mito
Sissi e ancora Sissi. Film e serie tv riportano l'imperatrice sullo schermo
È diventata icona pop con il volto di Romy Schneider. Ma qual è la verità storica sulla principessa più amata? Tra tragedie e turbamenti, il mistero della più famosa regnante d'Austria ci affascina ancora
Sissi per sempre. È tornata tra noi l’ultima vera imperatrice d’Austria, Elisabetta von Wittelsbach, nata duchessa di Baviera la vigilia di Natale del 1837 e pugnalata con una lima da un anarchico italiano – un solo colpo al cuore – sul Quai du Mont-Blanc in riva al lago di Ginevra il 10 settembre 1898. È tornata al cinema, in tv, con la traduzione di una nuova biografia; e naturalmente questa non è più la Sissi di una volta, ci mancherebbe.
Ci sono vite che, per una loro intima proprietà mitica, possono reincarnarsi nello spirito dei tempi e dunque sono destinate a riprodursi con ricche varianti. Elisabetta di Baviera ha sollecitato l’immaginario fino dal 1920 con un cospicuo numero di opere tra biopic, sceneggiati e serie televisive, cartoni animati, docu-fiction, apparizioni in film d’epoca, tra i quali l’indimenticabile Ludwig di Luchino Visconti nel 1973. Per non parlare dei libri, delle biografie romanzate e di quelle propriamente storiche.
Ma certo la Sissi che tutti ricordano è quella dei film di Ernst Marischka, realizzati tra il 1955 e il 1957, con Romy Schneider che l’ha eternizzata in icona pop: una bellezza radiosa, un’aristocratica di campagna, una duchessa del popolo che conquista l’erede della più potente e ormai decrepita monarchia del continente con una semplicità da quadretto tirolese, tra corni che risuonano sulle Alpi, schioppettate ai camosci, cavalcate nella natura. Questa è la storia dell’ingenua fanciulla entrata con l’impeto della giovinezza in una corte disciplinata da regole di ferro, popolata di dignitari e cortigiane con le lingue taglienti e gestita dall’imperatrice madre Sofia, una suocera che è anche zia della sposa.
La giovane duchessa di Baviera piegherà con la forza del sorriso il conservatorismo crudele degli Asburgo, sotto lo sguardo solidale e innamorato dell’imperatore. Sissi qui appare come una figura solare rinata per esaltare codici di comportamento familiare piccolo borghesi al tempo inconcepibili; ma è anche l’affascinante kaiserin votata all’armonia conciliativa. Per questo ispira l’unico vero successo politico del marito, Francesco Giuseppe: dar vita al doppio regno d’Austria-Ungheria per tenere agganciato il pezzo più importante di un impero che sta per cadere a pezzi. La missione andrà a buon fine perché il conte Andrassy, ardente nobiluomo ungherese, ha un debole per la nuova imperatrice austriaca, che suggella il patto andando a partorire a Buda sua figlia Maria Valeria, concepita nel corso delle trattative.
Sissi genere harmony, capace di nutrire aspirazioni e lenire pene matrimoniali nelle ragazze degli anni Cinquanta, è quasi un precedente imbarazzante per quelle in circolazione adesso. Elisabetta di Baviera è infatti tornata in versione notturna, molto tedesca, romantica e dark, nella serie televisiva su Netflix intitolata L’imperatrice. Diretta da Katrin Gebbe e Florian Cossen e interpretata da Devrim Lignau, la serie avrà a breve la sua seconda stagione; nella prima, c’è la giovinezza. Dunque una duchessa poco più che adolescente, che ama cavalcare nel buio, vive in simbiosi con il suo cavallo, nuota nuda nelle acque gelate del lago ed è considerata dai suoi difficilmente matrimoniabile, data la spiccata indipendenza e il carattere indomito e solitario, del tutto incompatibili con le richieste di mercato.
Il matrimonio combinato da sua zia Sofia, arciduchessa d’Austria, con sua madre Ludovika per una delle ragazze von Wittelsbach infatti non è per lei: il giovane imperatore Franz Joseph è destinato a sua sorella Elena che ha i numeri giusti per stargli accanto – in termini di obbedienza, devozione e buone maniere. Sissi le soffia il fidanzato perché lui, oppresso dalla disciplina e dal duro addestramento alla gestione del potere, vede in lei qualcosa che non conosce: la libertà. E dopo averla incontrata non sentirà ragioni. Ma l’impatto di Elisabetta con la corte di Vienna, dove tutto – a cominciare dalla prima notte di nozze – è ritualizzato spietatamente, è durissimo. Sissi espropriata del suo tempo, del suo corpo, dei suoi figli è sola e irretita dall’arciduca Massimiliano, fratello del marito ed eterno frustrato, che spera di trascinarla nelle sue trame di palazzo. Partecipa a trasgressivi festini dove incontra per la prima volta la fata verde, l’assenzio già di moda tra gli artisti…
Il corsetto dell’imperatrice, il film di Marie Kreutzer nelle sale cinematografiche sotto le feste, con Vicky Krieps doppiamente premiata per la sua interpretazione, restituisce invece l’età matura. Siamo nel 1877 e Sissi è una nevrotica quarantenne, un’anoressica che si nutre con cinque fette di arancia tagliate sottili per mantenere – dopo quattro figli – i quarantacinque centimetri di circonferenza del suo vitino. Deve corrispondere alla rappresentazione, in fondo è questo che le si chiede: aderire all’immagine pubblica, alla bellezza codificata dal famoso ritratto in abito da ballo di Winterhalter, con i suoi lunghissimi capelli intrecciati nell’acconciatura fermata da stelle di diamanti.
In questo film la corte di Vienna sembra la Città proibita dell’ultimo imperatore a Pechino e il corsetto un cilicio che ha ben poco da invidiare ai piedi fasciati delle dame cinesi. Francesco Giuseppe non tollera più una moglie che mette becco in politica e i conservatori gli rimproverano il doppio regno d’Austria-Ungheria come una sconfitta, un cedimento frutto di un affaire tra l’imperatrice e il conte ungherese Andrassy. Brutti tempi quelli in cui Sissi – esaurito il primo compito di una regina: figliare per dare un futuro alla dinastia – si avvia verso la vecchiaia e comincia a viaggiare inquieta per l’Europa, gestisce le giovani amanti del marito e simula svenimenti per sottrarsi alla noia e ai veleni di corte.
The Crown ha fatto scuola: la monarchia è una recita prevedibile e nessuno può uscirne, bisogna servirla con abnegazione. Francesco Giuseppe che, fuori dall’ufficialità, si libera come un attore dei suoi famosi baffi, che sono posticci, lo sa bene: “Ciò che facciamo non è per trarne gioia”. Qui Sissi è in fuga come una lady Diana di altri tempi, cerca strategie di sopravvivenza, è conflittuale e oppositiva tanto quanto l’icona pop era conciliante e radiosa. L’imperatrice di Marie Kreutzer ha addirittura qualcosa in più: è l’anima gemella di Ludwig di Baviera, il re che alle belle donne preferiva gli stallieri. È una Sissi tendenza queer.
Oscillazioni del mito liberamente ispirate al vero. Allora l’Elisabetta storica, Sisi con una esse sola come firmava lei in fondo alle sue numerose lettere, dove va a finire? L’ultima biografia disponibile in italiano, “Sissi. La vera storia: il cammino della giovane imperatrice”, pubblicata da Giunti in questi ultimi mesi, è firmata dalla storica austriaca Martina Winkelhofer. È un libro godibile, divulgativo, con il pregio di contestualizzare i fatti in rapporto alla quotidianità delle corti europee; al centro c’è la formazione della duchessa e poi i suoi primi anni a Vienna.
E allora ecco che no, Sissi non era una provinciale molto al di sotto dei potenti Asburgo, una duchessa di campagna. Suo nonno, il re di Baviera, riformatore e promulgatore di una costituzione che prevedeva libertà religiosa e di espressione, nonché l’istruzione obbligatoria, aveva costruito il matrimonio dei suoi genitori per riunire il potere e la straripante ricchezza dei Wittelsbach. I due ragazzi infatti erano primi cugini: lei figlia del re mentre lui, di rango inferiore, possedeva un’immensa fortuna. La generazione delle mamme e delle zie Wittelsbach comprendeva già un’imperatrice d’Austria e una regina di Prussia.
I genitori di Sissi erano davvero male assortiti, ma nella società aristocratica questo non contava, un buon matrimonio doveva garantire una posizione sociale più elevata e un alto tenore di vita ai figli. Nessuno si aspettava che fosse anche felice, lo si sapeva fino da piccoli. Del resto la vita coniugale finiva mediamente dopo aver assicurato la discendenza, i mariti erano infedeli e le mogli non se ne lagnavano purché sapessero farlo discretamente. Il padre di Sissi no, esagerava con le donne, viveva separato da moglie e figli, era il prodotto di una famiglia disfunzionale che lo aveva reso egocentrico e indifferente.
Di qui il personaggio da festa pagana della leggenda. In realtà Max von Wittelsbach non sopportava la socialità aristocratica, abolì i ricevimenti, viaggiava in Oriente, aveva un chiacchieratissimo seguito etnico. Un mondo incompatibile con quello della moglie che, essendo di rango superiore, per contratto avrebbe potuto sciogliere il matrimonio. Ludovika però non lo fece; cresciuta in un contesto familiare inusualmente caldo, assicurò ai suoi figli una dimensione davvero affettiva. Sissi la bambina di buon cuore e dal fascino irresistibile è il prodotto dei racconti agiografici di contesse e baronesse che le furono tate e governanti e che ne tramandarono il racconto ben sapendo, annota la storica, “cosa scrivere e cosa non scrivere”.
La giovane Elisabetta fu educata come tutte le ragazze del suo rango: imparava le lingue necessarie per intrattenere una socialità europea, il ballo e l’arte dello small talk piacevole e superficiale: le donne colte erano considerate prive di femminilità. Come tutte, dall’età di quattro anni, aveva presenziato ai ricevimenti per imparare a sopportarne con grazia la fatica e la noia, ma le era stato risparmiato il cerimoniale reale perché suo padre non apparteneva al ramo principale dei Wittelsbach.
Secondo Winkelhofer non ci sono documenti a provare che Francesco Giuseppe fosse destinato non a Elisabetta ma a sua sorella Elena; le due ragazze – si diventava da marito subito dopo il primo menarca – furono presentate all’imperatore d’Austria in occasione del suo ventunesimo compleanno. Era ragionevole pensare che scegliesse Elena, più grande ed esperta, invece preferì inaspettatamente Sissi, che aveva sette anni meno di lui: il colpo di fulmine è variamente documentato. Franz Joseph stesso scrisse di essersi “perdutamente innamorato”. Ma non per la vivacità e l’intraprendenza di quella adolescente bellissima. Probabilmente – osserva Martina Winkelhofer – a conquistarlo fu la timidezza, le incertezze e i rossori allora molto ricercati.
Nel 1854, a diciassette anni, Sissi fu catapultata nella più austera e pettegola delle corti europee e lo shock per la mancanza di qualunque intimità di coppia fu autentico. Tutto era pubblico e oggetto di conversazione: quello che succedeva o non succedeva nel suo letto o le sue mestruazioni. Soffrì moltissimo anche la separazione dai suoi bambini. L’odio per la vita di corte crebbe rigoglioso su queste ferite. Quando l’imperatore partì per la seconda guerra d’Indipendenza italiana, nella primavera del 1859, cadde in depressione. Aveva già perso una figlia, Sofia, che si era ammalata durante un viaggio ufficiale dei genitori in Ungheria e “non era né fisicamente né mentalmente in grado di resistere a corte in assenza del marito”. Tutti quelli che aveva intorno ne furono sconcertati, il suo medico disse al capo della polizia che l’imperatrice non era all’altezza del suo destino e che mentre si struggeva per l’imperatore assente era capace di cavalcare per ore “fino a pregiudicare la sua salute”. Parlò anche di un “gelido abisso” fra lei, la suocera e la grande maestra di corte.
Il conte Egon Corti, autore della prima biografia di Sissi scritta tra gli anni Venti e i Trenta, che aveva potuto consultare archivi privati andati perduti nella Seconda guerra mondiale, cancellò dal suo manoscritto, ritenendole irriguardose, frasi come queste: “Elisabeth rimprovera severamente il marito di non prendere completamente le sue parti, ma lui non lo fa perché trova la moglie molto nervosa e agitata”. E ancora: “Tutto intorno a lei è insopportabile; inoltre le è giunta notizia che Franz Joseph abbia guardato troppo profondamente negli occhi un’altra donna”. Era il 1860 e dalle nozze erano trascorsi appena sei anni.
Iniziarono allora le prime peregrinazioni di Sissi, i suoi viaggi per motivi di salute e di disperazione. Sì era anoressica, ossessionata dalla bellezza che svaniva, viaggiava in incognito, si curava con la cocaina. Affascinata dalla Grecia antica – da ragazza non aveva potuto imparare le lingue classiche, riservate ai maschi – vagheggiava una sua corte personale a Corfù, dove fece costruire un palazzo costato una fortuna. Quando fu pugnalata a Ginevra, sul Quai du Mont-Blanc, aveva già il cuore spezzato: pochi mesi prima suo figlio l’arciduca Rodolfo, erede al trono, si era suicidato a Mayerling dopo aver sparato alla sua amante. Dentro di sé, Sissi aveva dovuto sopportare la lotta irriducibile tra il mondo vecchio che non se ne voleva andare e quello nuovo che stentava a venir fuori. Per questo continuiamo a raccontarla.
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