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Buon compleanno, Disney! Ma qual è il tuo futuro?
Perché l’Economist si preoccupa per il gigantesco impero, invece di festeggiarne il centenario? Perché il sistema è delicato, i ceo vanno e vengono, l’incertezza fa impazzire i prezzi delle azioni
Il 27 febbraio la Walt Disney compie cento anni. Allora si chiamava Disney Brothers Cartoon Studio, fondata da Walt con il fratello Roy. Per Topolino bisognerà aspettare cinque anni, con il cortometraggio “Steamboat Willie”. Non sono tanti, come prima pietra su cui fondare un impero. Con le recenti, relativamente al secolo di vita, acquisizioni (Pixar, Marvel, Lucas film, XXI Century Fox) la ditta genera gran parte dei consumi culturali americani, e non solo. Produce film che incassano; sfrutta il “patrimonio intellettuale” con il merchandising, perfino i parchi a tema che parevano azzerati dal Covid (parliamo di incassi) si difendono bene.
Perché l’Economist si preoccupa per il futuro della Disney, invece di festeggiare il centenario? Perché il sistema è delicato, i ceo vanno e vengono – l’anno scorso è tornato Bob Iger, allontanato nel 2020 a favore di Michael Eisner. L’incertezza fa impazzire i prezzi delle azioni. La tecnologia – le nuove tecnologie ancora senza nome – minaccia lo spariglio.
Un’eventuale crisi Disney potrebbe scompigliare l’intero panorama. Assurdo e paradossale che accada proprio adesso, quando si sta avverando il sogno del fondatore: “Perché dobbiamo crescere? Non possiamo restare sempre bambini?” (va detto che i bambini di Walt dovevano essere più svegli: i film marciavano veloci, con tanti personaggi e dettagli da cogliere).
Perché dovrebbe succedere qualcosa di brutto, alla Disney prima e poi agli altri protagonisti del mercato? Perché è capitato e capiterà di nuovo. E perché la rivoluzione da un bel po’ la stanno facendo gli altri: in un’ora vengono caricati su YouTube filmati e contenuti che equivalgono all’intero catalogo Disney. I grandi studi hanno retto, sono stati spazzati via i produttori di contenuti mediocri, film e telefilm che il pubblico guardava perché non c’era altro da fare. Se ne deduce che in materia di entertainment la moneta buona scaccia la cattiva, e non viceversa. Sono redditizi soprattutto i contenuti già popolari: a giugno toccherà vedere il quinto “Indiana Jones”, diretto da James Mangold. Harrison Ford è nato nel 1942.
Pericolose saranno le sproporzioni con la Silicon Valley. La pubblicità di Amazon vale tre volte la Disney, i guadagni dello streaming non sono fondamentali. Vuol dire che lì possono osare, e magari perdere. Oppure vincere un Oscar con il remake targato Apple+ di un film francese come “C.O.D.A” (giovane e bella cantante nata in una famiglia di sordomuti). La tecnologia consente set virtuali che abbassano i costi. E la Disney, come tutta Hollywood, è indietro nello sfruttamento dei videogiochi. Il film di Super Mario, l’idraulico con il martello, uscirà il prossimo aprile. E avrà il suo parco a tema, proprio a Hollywood.
Politicamente corretto e panettone