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Arriva "Miss Fallaci", e saranno otto episodi

Mariarosa Mancuso

A lei dobbiamo dedicare quel che burocraticamente si chiamano prodotti audiovisivi, questo auspicava il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. Eccolo accontentato: produce Paramount+, la protagonista sarà Miriam Leone

La Fallaci! La Fallaci! A lei dobbiamo dedicare quel che burocraticamente si chiamano prodotti audiovisivi – questo auspicava il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano fresco di nomina. Una mini-serie era andata in onda nel 2015 sulla Rai, ma possiamo pretendere che un politico segua tutto quel che la tv di stato manda in onda? E se poi ti tocca il ministero delle Infrastrutture? Tutto tempo sprecato, sarebbe stato meglio studiare i cavalcavia.

Di Oriana Fallaci “audiovisiva” (dire “fiction” pare brutto, è vita vissuta fino all’ultima invettiva) ne sta arrivando un’altra. Proprio oggi è circolato l’annuncio, a firma Paramount+ (l’ultima piattaforma streaming aggiunta al già cospicuo pacchetto che ogni mese vi fa pagare un abbonamento). Sono iniziate le riprese di “Miss Fallaci”, otto episodi prossimamente su Paramount+. 

Ma come, la proprietà intellettuale non dovrebbe essere italiana? Sicuro, ma lo sforzo produttivo risulta a mezzadria (o altra divisione più realistica, “co-prodotto” vuol dire molte cose) con Minerva Pictures, fondata nel 1953 a Roma. Presidente: Santo Versace. Un ricco catalogo, oltre duemila titoli, e tre storie italiane di recente produzione trasmesse dalla Rai: “Marta - Il delitto della Sapienza” (poi approdato a Netflix); “Ora tocca a noi - Storia di Pio La Torre”, diretto da Walter Veltroni; “Margherita - La voce delle stelle”, sull’astrofisica Margherita Hack.

“Miss Fallaci” avrà il volto di Miriam Leone. Per intenderci: la bionda che in “Diabolik” dei Manetti Bros aveva il ruolo della sinuosa Eva Kant. Siamo – saremo – negli anni dal 1956 al 1959. Oriana Fallaci era una giovane inviata, per non turbare gli equilibri redazionali – lei avrebbe preferito la politica, dopo l’esperienza da giovanissima partigiana durante la Seconda guerra mondiale (era nata nel 1929 a Firenze). Da inviata non andò solo al fronte – fu comunque la prima a mettersi l’elmetto.

Nel 1956 si fa mandare a New York, convinta che sarebbe riuscita nell’impossibile impresa di intervistare Marilyn Monroe. Aveva 27 anni, la cronista: dopo ricerche e appostamenti passò un pomeriggio a casa di Arthur Miller (senza il caffè che il marito della diva le aveva promesso). Sarà lei a raccontarlo, in una raccolta pubblicata nella Bur. Orson Welles firmò la prefazione, paragonandola a Mata Hari (sempre chiedere questi favori a un vanitoso, mette anche te nel cerchio magico).

Per gli sceneggiatori della serie Paramount+ & Minerva Pictures, tanto materiale da saccheggiare. Bagni nelle piscine dei divi, che poi seguiva a messa la domenica. Visite da finta turista nelle case degli attori. Feste e pettegolezzi a volontà. Non dite al ministro che non c’è ancora l’ombra di “la rabbia e l’orgoglio”. Neanche il minimo accenno. Solo l’amore la tormentava.

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