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Gli sceneggiatori di “Sharper” hanno studiato bene il grande David Mamet

Mariarosa Mancuso

Il film di Benjamin Caron funziona: la storia di un uomo che per vivere sfrutta la propria brillantezza, e anche un po' la credulità del prossimo. Con continui colpi di scena

Una bella ragazza che entra in una libreria, dietro al banco un leggiadro giovanotto, fa subito pensare male. Non nel senso della commedia romantica: dopo aver visto la serie “You” (di Greg Berlanti & Sera Gamble) sospettiamo che gli incontri in libreria siano pericolosi. I lettori sono gente strana: questo per esempio è disposto a uccidere per avere l’esclusiva sulla lettrice di cui si è innamorato. I librai e i lettori finora non hanno protestato – e del resto non c’è una serie o un film dove le persone che trafficano con i libri abbiano tutte le rotelle a posto. “Sharper” comincia in una libreria del Greenwich Village. Titoli vecchi e rari, a peggiorare la stranezza di chi osa varcare la soglia. Una bella ragazza cerca un romanzo di Zola Neale Hurston, per una tesi sulla letteratura femminista nera. Confessa però che nella vita, rimasta orfana assieme al fratello, si sente piuttosto “Jane Eyre” – ed ecco che dallo scaffale antiquario, chiuso a chiave, spunta una prima edizione del 1847. 

 

Amore a prima vista. Senza sospetto di stalking. Anche il libraio è orfano. Ricco, però. Quando il fratello sballato di Sandy si trova nei guai – un debito che ammonta a qualche centinaio di migliaia di euro – Tom prende i soldi dalla banca e li mette nel borsone. Consegna senza testimoni. Per fortuna non è una serie, bensì un film, quindi lo spettatore si appassiona senza timore di impegnare troppe serate. Il regista di “Sharper” si chiama Benjamin Caron. Gli sceneggiatori Brian Gatewood e Alessandro Tanaka vengono dalla comicità e dalla satira. Tutti devono aver fatto un corso di perfezionamento da David Mamet. Materia prediletta: truffe all’americana, diciamo noi – pensando a “La stangata” con Paul Newman e Robert Redford. “Confidence Man” – uomo di fiducia – è il nome americano fin dai tempi di Herman Melville, che nel 1857 pubblicò un romanzo con quel titolo (poi abbreviato in “con-man”, e ora forse bisognerà dire “con-person”). Ma ogni paese ha le sue. La truffa della “prigioniera spagnola” (nel titolo di un film di David Mamet) si chiama, via internet, “Nigerian Scam”: è quando vi comunicano una grossa eredità, vostra a patto di versare subito una somma considerevole per sbloccarla.

 

“Sharper” è un individuo che per vivere sfrutta la propria intelligenza e brillantezza. Un po’ anche la credulità del prossimo suo. “Ogni giorno nasce un pollo e due furbi per fregarlo”, era il vecchio detto. Sicuramente scorretto, con le norme di oggi: ma ricordate che la gente comprava creme dimagranti – gli scioglipancia – da Vanna Marchi che certo esile non era, e neppure fingeva di esserlo. Il film funziona con continui colpi di scena, personaggio dopo personaggio. Su tutti, risplende la danarosa coppia Julianne Moore-John Lithgow.

 

Abbiamo raccontato il necessario, e anche citato David Mamet. Siamo preparati alle rimostranze: “Mamet era più bravo”, “come lui nessuno”, “io ho capito tutto subito”. Certo, Mamet è unico, e pure “La casa dei giochi” – con la geniale idea di mettere a confronto due truffatori che si muovono in superficie, e una psicoanalista che scava nel profondo – non se ne sono visti più. Ma è odioso vivere di ricordi. Distoglieremo quindi la vostra attenzione, come usano fare i maghi, per evitare lamenti preventivi e segnalare che Apple tv+ è ormai il posto più sicuro per trovare miniserie interessanti (non c’è solo “Ted Lasso”, che comunque ha i suoi fan). Da “We Crashed” con Jared Leto e Anne Hathaway, a “Shrinking”, psicoanalisti, con il decano Harrison Ford. Per chi cerca serial killer raccontati in maniera originale: “Black Bird” con Taron Egerton e Paul Walter Hauser.