Anche no
Perché stroncare il remake de “La donna che visse due volte”, ancor prima che esca
Le trattative sono aperte con la Paramount Pictures per una nuova versione del capolavoro di Hitchcock. Nel migliore dei casi ne verrà fuori una copia esatta: ma sarà difficile far sopravvivere la pellicola a un trattamento contemporaneo
Abbiamo da un po’ sulla scrivania, spostato da una montagnetta all’altra, il libretto di Vivian Gornick “Appunti di una ri-lettrice cronica” (Bompiani). Non abbiamo avuto il coraggio di aprirlo, il titolo fa paura. Abbiamo sempre letto per divertimento. Rileggere – sostiene Gornick – “è qualcosa di simile alla seduta dall’analista”. Giusta era l’esitazione: lo mettiamo tra i saggi letterari o tra le confessioni che usano i libri come puntello per raccontare i fatti propri? A rileggere ci siamo sempre annoiati. Non perché sappiamo come va a finire – gli spoiler sono una sciocchezza, ora anche in fondo agli inviti per le anteprime c’è l’elenco delle cose da non dire. Ognuno decide di quanta novità ha bisogno, o se gode facendosi raccontare sempre la stessa favola (ai bambini piace). Su Variety, il gemello in spirito Owen Gleiberman – non è la prima volta che siamo d’accordo – stronca senza averlo visto il remake di “La donna che visse due volte” di Alfred Hitchcock. Il film ancora non esiste. Robert Downey Jr, con la casa di produzione diretta dalla consorte, sta al momento trattando con la Paramount, proprietaria dei diritti. Sarebbe certamente per l’attore una magnifica fuga dai supereroi, da tempo è invischiato con “Iron Man” e con gli “Avenger”. Ma cosa ne verrebbe fuori?
Nel migliore dei casi, quel che Gus Van Sant fece con “Psycho”: una copia conforme del film, scena per scena, inquadratura per inquadratura, con Vince Vaughn e Anne Heche. Qualcosa di più simile all’arte contemporanea che al cinema – e i rapporti non sono sempre idilliaci. Film come “La finestra sul cortile” o “Gli uccelli” sono tornati varie volte nelle sale, e nessuno mai li ha trovati invecchiati. Perfino il filosofo Slavoj Zizek fa un giretto con la barchetta a motore di Tippi Hedren, nel suo film “The Pervert’s Guide to Cinema”, e spiega “La donna che visse due volte” in un inglese che pare imparato da “Borat”. Hitchcock sembra il punto di non ritorno, in materia di remake. Poi arriveremo a rifare “Quarto potere”? Curioso che la macchina dei remake si sia messa in marcia quando tutti i film sono a disposizione di chi li vuol vedere, non c’è bisogno di attendere i cinema d’essai, oppure la tv notturna. Non potete sapere com’era la vita del cinefilo prima dei dvd, e prima ancora delle videocassette casalinghe. Magari con gli intervalli pubblicitari e i tg: ma se era l’unico modo per vedere “Freaks” di Tod Browning andava bene così, accertato che non ci fossero filologi in giro.
“Freaks” certo non lo rifaranno, i personaggi creano problemi già a nominarli. Gemelli siamesi si può ancora dire? – pare di no, si offendono gli orientali. Se i nani oggi sono verticalmente svantaggiati, possono innamorarsi di una stangona bionda? E il circo con i fenomeni da baraccone? Ci ha provato Guillermo del Toro in “La fiera delle illusioni”, remake di un film girato nel 1947 da Edmund Goulding (anche per questo, ringraziamo i film programmati in tv dopo mezzanotte). Purtroppo il remake durava 40 minuti in più, rispetto alle quasi due ore che per negli anni 40 erano già esagerate (sballavano il doppio programma, due film con un biglietto). I registi attirati dai capolavori del passato sono anche innamorati degli abiti e delle pettinature, e dei gioielli, perfino delle tappezzerie. Indugiano su tutto. E ritorna l’odioso paradosso di questi anni. Abbiamo l’attenzione calante, siamo abituati alla frenesia di TikTok, eppure nessuno osa saltare mai un passaggio. Spiegano tutto perbene, e tirano una bella riga con l’evidenziatore. “La donna che visse due volte” non sopravviverà al trattamento, ecco perché siamo contrari.
Politicamente corretto e panettone