Cannes 2023
Scene di sesso tagliate, amori gay e “mostri” giapponesi. Un Festival controverso
Catherine Corsini è lo scandalo di questa edizione: prima esclusa dalla gara per una sequenza erotica del suo film, “Le retour”, poi riammessa. Ma è anche una regista che il cinema lo sa scrivere e girare
“Le retour” di Catherine Corsini è il film controverso di Cannes 2023 – in attesa di altri scandali, certo, ma di solito una lettura anche distratta della stampa specializzata li svela con anticipo sufficiente a creare più ressa di quella vista in questi giorni. Per il western gay di Almodóvar, con i piccioncini che si rifanno il letto come brave massaie, sono rimasti fuori, pur provvisti di biglietto, due giornalisti dell’Hollywood Reporter e il critico del Los Angeles Times. E guai a protestare, ti ghigliottinano l’accredito, staccano la parte utile e resti con un nastro nero al collo. Catherine Corsini è la settima regista in concorso, che va e viene nei conteggi dell’inclusione. La sera prima della conferenza stampa era in concorso, il giorno dell’annuncio è stata esclusa, ora è stata riammessa. Ed è anche una regista che il cinema lo sa scrivere e girare. Ma si era cominciato a parlare di una scena di sesso che non compariva sul copione, girata senza le necessarie garanzie per i minori. Lo stato francese ha subito ritirato il finanziamento.
Tolta la scena incriminata, ne restano un paio a mostrare la bravura della regista. Era difficile raccontare la vacanza in Corsica di due ragazze giovani e belle senza un po’ di realismo. Sono Jessica e Farah, 18 e 15 anni rispettivi. Nella prima inquadratura le vediamo piccolissime, in braccio alla madre che sta per imbarcarsi su una nave diretta in Francia dalla Corsica. Una telefonata porta brutte notizie, non sapremo cosa è successo fino alla fine. Così cominciano le storie interessanti. La mamma (Aïssatou Diallo, faceva l’infermiera prima di diventare attrice e vincere un César come non protagonista) torna in Corsica con le figlie ormai grandi al seguito della famiglia parigina che l’ha assunta, e le sistema in una capanna (“ma venite da noi in piscina quando volete”, e le ragazze subito scavalcano il muro di cinta). Ha lasciato dietro di sé segreti e bugie, e le figlie non aiutano: “Chi era nostro padre? Perché abbiamo la pelle più scura della tua? Perché lei si chiama Jessica e io Farah, che mi svantaggia nella vita?”. Jessica stringe amicizia, amorosamente lesbica, con Gaia, la figlia dei padroni di casa (gatta morta parigina, si può dire ancora? Non sapremmo come altro definirla). Farah combina pasticci – e siccome non siamo su Netflix le rivelazioni richiedono poche parole, a volte un messaggino.
Adolescenti – giapponesi – anche per Hirokazu Kore’eda, regista di “Un affare di famiglia” (piccoli criminali che si fingono parenti, gli inganni riescono meglio), della favola di figli scambiati in culla “Father and son”, e del feel good movie sull’adozione “Broker - Le buone stelle”. In “Monster”, Minato è un ragazzino che spesso scompare e torna con troppi lividi. Accusa maltrattamenti da parte di un giovane professore che viene convocato dalla preside (una che fa lo sgambetto ai bambini che corrono al supermercato). Inchini, inchini e ancora inchini, non si riesce a sbrogliare la materia, c’è sempre qualche livido di troppo. La madre-vedova prima tratta con rispetto gli insegnanti e poi minaccia. Il film, dalla fotografia un po’ spenta, vanta la colonna sonora di Ryuichi Sakamoto, morto lo scorso marzo. E una sceneggiatura ben costruita ma prevedibile appena il film avanza, e cominciamo a chiederci chi è il “Mostro” del titolo. Spoiler: tutti noi, come brillantemente dimostra Hirokazu Kore’eda riproponendo le scene da un altro punto di vista. Un “Rashomon” scolastico e ragazzino, che ribalta ogni incidente, e omaggia Hayao Miyazaki con un magico vagone nascosto nella foresta, parco giochi non privo di pericoli.
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