La fabbrica del cinema. Ieri al liceo Mamiani, oggi premiati ai David
Oggi, come prima succedeva in Parlamento e nei giornali, c’è tutta una generazione di trenta-quarantenni – attori, registi, sceneggiatori, produttori, direttori della fotografia, montatori – che a Viale delle Milizie ha trascorso l’adolescenza. Ecco i protagonisti dei set che vengono dalla storica scuola romana
Non si sa se è per via dell’intrinseca cinematograficità dell’edificio, con il cortile ampio e l’ingresso maestoso, se c’entra l’ubicazione lungo la cerniera che collega Roma nord e Roma sud (quartiere Prati) o se anche il liceo Mamiani, come i suoi gemelli diversi del centro (Tasso, Visconti e Virgilio), e come il gemello diverso nordico (Parini di Milano), ha quella capacità di far sentire gli studenti e gli ex studenti come parte di una comunità ufficiosa a vita. Ufficiosa ma radicata nell’immaginario collettivo di chi c’è stato, e in quanto tale capace di creare reti non dichiarate e spontanee di persone che magari al liceo neanche si conoscevano, ma che si riconoscono ex post, in ambienti contigui, per comune appartenenza a quella lontana piccola-grande storia tra i banchi.
Fatto sta che oggi, come prima succedeva in Parlamento e nei giornali, c’è tutta una generazione di trenta-quarantenni – attori, registi, sceneggiatori, produttori, direttori della fotografia, montatori – che nella storica scuola di Viale delle Milizie ha trascorso l’adolescenza, e che ora si ritrova variamente intrecciata su set reali e virtuali, nel senso del lavoro allargato di pre o post produzione. E se l’attore più volte candidato al David di Donatello (e già Coppa Volpi) Luca Marinelli, classe 1984 (quest’anno interprete, con Alessandro Borghi, del film “Le otto montagne”, David per il miglior film), da tempo è considerato, tra gli ex studenti del Mamiani della sua età, una specie di testimonial, la generazione immediatamente precedente di “mamianini” ha avuto i suoi portabandiera nei due Muccino, Gabriele e Silvio, regista e volto di “Come te nessuno mai” (1999), film ispirato alla vita studentesca nel liceo e nei quartieri limitrofi, con lotta sommersa tra “zecche” e “pariolini”, prime occupazioni e primi baci (qualche anno dopo, nel 2003, anche il liceo Visconti si è reso protagonista, facendo da scenario a “Caterina va in città” di Paolo Virzì).
Con Marinelli, negli stessi anni liceali, facevano ricreazione insieme, non sempre allora salutandosi o frequentandosi – ché la comunanza scolastica spesso si scopre dopo, nel momento in cui abbatte naturalmente barriere più di qualsiasi lobby – le attrici Giulia Michelini e Silvia D’Amico, il regista Enrico Maria Artale, e, poco prima o poco dopo, incontrandosi a inizio o a fine carriera ginnasiale, la regista Adele Tulli (anche figlia di Serena Dandini), Lorenzo Rossi Espagnet, regista vincitore di un Nastro D’Argento, il regista di animazione Marco Jemolo, il direttore della fotografia Leone Orfeo, il regista Nicola Campiotti (figlio di Giacomo), il produttore e regista Matteo Rovere (Nastro d’argento nel 2014 con “Smetto quando voglio”), la sceneggiatrice e attrice Giulia Steigerwalt (per gioco della sorte già interprete di “Come te nessuno mai”), il regista Alessio Maria Federici, la produttrice Benedetta Mallucci, il regista e produttore Roberto De Paolis e il compianto attore Libero De Rienzo. E c’è chi dice, tra gli ex studenti, che in quegli anni fossero “molto maieutiche” le professoresse Marisa Scognamiglio e Gianfranca Privitera, anche autrici di “Le magnifiche e progressive sorti di un liceo: il Terenzio Mamiani di Roma” (ed. Rubbettino), ispiratrici o prime lettrici di alcuni soggetti embrionali di futuri cortometraggi, documentari o film degli ex studenti.
“Ah, ma tu eri al Mamiani!” (o al Visconti o al Virgilio o al Tasso), è la risposta quando un cognome che dice qualcosa si affaccia alla rubrica di Whatsapp, e infatti è la frase che è stata detta al primo contatto professionale tra alcuni dei suddetti ex ragazzi e ragazze che stazionavano per ore dopo scuola lungo il viale alberato, in Prati, e che oggi si incontrano a margine di prime, proiezioni, festival, appuntamenti nelle case di produzione. Esattamente come, prima di loro, si vedevano al bar d’angolo o dal “pizzettaro” i cosiddetti “ragazzi della sezione Mazzini”: giovani ex Pci-Pds-Ds-Pd (Matteo Orfini in testa) che al liceo e all’università frequentavano la non distante sezione di Massimo D’Alema, per poi ritrovarsi chi in politica chi in Rai chi in un giornale chi nell’editoria, accanto a chi, uscito dagli omologhi istituti di via Giulia e piazza del Collegio Romano (il Virgilio e il Visconti), era poi diventato parlamentare, storico, giornalista, professore, mandarino ministeriale, produttore di serie tv.
Tutti connessi lungo sentieri invisibili di conoscenze, e persino via matrimonio o società per affari, ma tutti già presenti in piazza, a inizio anni Novanta, quando i fratelli maggiori sfilavano con le insegne della “Pantera” e loro muovevano i primi passi tra slogan ancora presi in prestito e versioni di latino e greco, consolandosi dalle fatiche dello studio con qualche votaccio illustre scoperto negli archivi, tra vecchie pagelle e registri polverosi, dove agli occhi dei posteri si palesavano dati incredibili, per esempio quello che vedeva il pur bravo Giulio Andreotti, viscontino storico, non sempre classificato con lunghe sequele di otto.
Politicamente corretto e panettone