POPCORN
Caduti per sciopero alla mostra del cinema di Venezia
Sta per cominciare l'attesa kermesse nel capoluogo veneto. Ma, oltre ai tanti film presentati, si parla anche dello sciopero degli sceneggiatori dura da quasi tre mesi
Di cosa si parla alla vigilia della Mostra di Venezia? Di tutto meno che dei film, guai a non rispettare gli embarghi. Soprattutto quelli firmati in cambio di una proiezione anticipata che al Lido consentirà di scoprire film finora sconosciuti – le proiezioni sovrapposte sono l’incubo dei festivalieri. Si parla dei film che vedremo – o più probabilmente non vedremo – nella stagione prossima. Lo sciopero degli sceneggiatori dura da quasi tre mesi (gli iscritti al sindacato sono 11.500, alcuni con paghe davvero basse senza garanzia di continuità lavorativa). Da metà luglio si è aggiunto lo sciopero degli attori – e il discorso dei lavori che un giorno ci sono e il giorno dopo no vale anche per molti di loro, che non hanno “il nome prima del titolo”.
Tra i caduti c’è “Dune - Parte seconda ”, di Denis Villeneuve con gli eterni, a dispetto della giovane età, Zendaya e Timothée Chalamet. Budget spettacolare come gli incassi auspicati, la pandemia non è del tutto smaltita. Siccome agli spettatori interessano i film, ma soprattutto le star, e siccome i due attori sono vincolati dallo sciopero che impedisce red carpet, foto, interviste, l’uscita del film è stata rimandata al 2024. Come “Challengers”, di Luca Guadagnino, sempre con Zendaya che avrebbe dovuto aprire tra pochi giorni la Mostra di Venezia. Invece tocca all’eroico sommergibilista italiano Salvatore Todaro, che salva dall’annegamento i nemici appena bombardati.
L’assenza di “Dune 2” provoca un trambusto in vista degli Oscar, lasciando spazio ai rivali “Barbie” e “Oppenheimer” (sempre loro, ma non è colpa nostra). Sul fronte dello sciopero, il colpo di scena viene dai capi degli studi, che contro ogni regola un paio di settimane fa hanno reso pubbliche le loro offerte, o proposte, o concessioni. Dovrebbero essere i rappresentanti sindacali a trattare. Per timore che gli sceneggiatori con la rata del mutuo da pagare possano rompere il fronte.
Sulle trattative vige per tradizione, e serietà, il silenzio stampa. Fino all’altro giorno, quando i padroni della produzione – parliamo di cinema e tv – hanno lanciato pubblicamente la loro offerta. Così congegnata. Il più generoso aumento di stipendio da trent’anni in qua – segno che qualche problemino c’era. Una ripartizione più equa dei “residual” – pensateli come una sorta di royalties, se un programma o una serie supera le aspettative, o va sulle piattaforme (ormai non si può più parlare di vendite all’estero). Garantiscono protezione dai testi scritti dall’IA, le informazioni su “chi guarda cosa in streaming”. Con un corredo di belle e concilianti parole, ma gli scioperanti si sono arrabbiati lo stesso: “Non erano proposte serie, era un tentativo di ricacciarci in cantina.”
Politicamente corretto e panettone