Perché vedere Following, il primo film di Nolan

Mariarosa Mancuso

La recensione del film di Christopher Nolan, con Jeremy Theobald, John Nolan, Lucy Russell, Emma Thomas

In contemporanea con il gigantismo di “Oppenheimer” – e le fissazioni da regista affermato: niente effetti speciali al computer, solo costoso artigianato – esce nelle sale il primo film di Christopher Nolan. Obbligatorio per gli aspiranti registi, insegna più cose di qualsiasi Centro sperimentale. Bisogna avere idee, soprattutto. E sapersi arrangiare, tenendo conto che nel 1998 i mezzi tecnici erano molto più costosi. “Following” è girato in 16 millimetri, bianco e nero, facendo molte prove e poi “buona la prima” (al massimo la seconda: la pellicola costa più di una videocamera). Solo luce naturale, non c’erano soldi per l’illuminazione artificiale, e l’aspirante regista Nolan a 28 anni ha fatto il direttore della fotografia, dato una mano al montaggio e in produzione (se ne occupava l’allora fidanzata, e ora moglie, anche attrice nel film). Oltre a scrivere il copione, si intende. “Following” racconta un aspirante scrittore che gira per Londra, seguendo le persone e sperando che l’ispirazione lo colpisca. Cerca di non farsi scoprire, ma un pedinamento più lungo del solito non sfugge all’attenzione del pedinato. Tale Cobb, in completo scuro, che ha una mania – diciamo così – complementare. Ruba nelle case della gente. Non soldi né gioielli, fruga nel cassetto dei ricordi e delle fotografie, apre le bottiglie e beve il vino, vive per un po’ le vite altrui. Completare, se davvero siete curiosi dei curiosi, con il romanzo di Anne Tyler “Le storie degli altri”.