Venezia 2023
Al Festival di Venezia c'è del patriottismo, ma prevale la legge del mare
Da “Comandante” a “Io Capitano”, c'è un filo che lega i film in concorso. La Mostra del cinema 2023 si apre con Pierfrancesco Favino. Leone d'Oro alla carriera a Liliana Cavani
"Il fascismo è dolore”. Stringe i denti il comandante della Regia marina italiana Salvatore Todaro, nel busto con le stecche e le stringhe di cuoio: siamo nel 1933, un incidente con l’idrovolante gli ha fratturato la colonna vertebrale. La vita a terra e la pensione d’invalidità, con moglie e figli in culla, non fanno per lui. Missione dopo missione, scoppia la Seconda guerra mondiale e arriviamo alla vicenda raccontata in “Comandante” di Edoardo De Angelis – stesso titolo del romanzo scritto con Sandro Veronesi (Bompiani). Era il film d’apertura alla Mostra di Venezia, dopo la sparizione dal programma – per lo sciopero degli attori americani – di Luca Guadagnino con “Challengers”. Vanta Zendaya nel cast (come nel precedente e cannibalesco “Bones and All”), qui al centro di un triangolo amoroso tra tennisti. Siccome Zendaya non può promuovere il film, racchette e palline ce le scordiamo fino al 2024.
Altri attori, sembra, hanno avuto licenze speciali per vestirsi da sera, farsi fotografare in passerella e rilasciare interviste. Si parla di Adam Driver per “Ferrari” di Michael Mann, forse anche “Priscilla” che Sofia Coppola ha dedicato alla signora Presley sfidando il luccicante “Elvis” di Baz Luhrmann: sono produzioni indipendenti. Non ci sarà Bradley Cooper, regista e attore di “Maestro” con il naso posticcio già ampiamente deplorato, per meglio somigliare al direttore d’orchestra Leonard Bernstein. Scelto tra sei film italiani in gara (da Alberto Barbera che l’anno scorso aveva fatto notare la scarsa qualità della produzione a km zero) “Comandante” faceva tremare. Per il patriottismo, l’eroismo, il coraggioso sommergibilista che va alla guerra ma rispetta la legge del mare: i naufraghi vanno salvati. Vale anche per i nemici che Salvatore Todaro ha appena silurato e cannoneggiato: un piroscafo belga che naviga a luci spente (il Belgio allora era neutrale, ma il Kabalo già trasportava pezzi di ricambio per gli aerei britannici – i sottoposti attribuivano a Todaro un’intuizione quasi soprannaturale). Il “siamo italiani, abbiamo millenni di storia alle spalle” occupa nel film molto meno spazio di quel che occuperà sui giornali, con schieramenti e polemiche. E’ solo la prima puntata, da Venezia. Mercoledì vedremo “Io capitano” di Matteo Garrone: i poveretti che il Mediterraneo lo attraversano oggi per una vita meno grama.
Edoardo De Angelis dirige molto bene le scene di suspense e di azione, a cominciare dal rischioso passaggio dello Stretto di Gibilterra. Affronta con piglio sicuro la vita negli spazi ristretti: il sommergibile Cappellini, lungo 73 metri, è stato ricostruito a grandezza naturale, per farci stare “il bordello meraviglioso e putrido” – sono parole di Salvatore Todaro che vede nei suoi uomini sporchi e accalcati un’Italia in miniatura. Ogni soldato parla il suo dialetto, il cuoco napoletano quando il cibo scarseggia elenca tutti i piatti che conosce (e pare l’Artusi). Purtroppo tira fuori anche il mandolino. Dopo aver appreso dai belgi a cucinare le patate fritte, il loro misero piatto nazionale.
Pierfrancesco Favino tende a caricare la recitazione. Qui gli esercizi di retorica non mancano, e sicuramente la Regia Marina esigeva un taglio di capelli più militaresco. L’autarchica giornata d’apertura continua con l’omaggio a Liliana Cavani, che ha compiuto 90 anni lo scorso gennaio e ha ricevuto il Leone d’oro alla carriera cominciata nel 1968 con “Galileo”. “L’ordine del tempo” – già nelle sale – è il suo ultimo film, tratto dal saggio di Carlo Rovelli. Liberamente tratto. Riunisce un gruppetto variegato con una catastrofe che incombe: qui la fine del mondo, per meteorite. Luis Buñuel c’era riuscito facendo sedere gli ospiti a cena, poi tra chiacchiere e musica tirano tardi e al mattino non riescono a varcare la soglia del salotto – la minaccia stava nel titolo “L’angelo sterminatore”.
La regista del “Portiere di notte” affida “L’ordine del tempo” all’eterno cast italico, in testa Alessandro Gassmann e Claudia Gerini, genitori di una ragazzina uscita con le amiche. Cinquantenni a Sabaudia per un compleanno, con storie incrociate e matrimoni di comodo, professori che discutono del tempo con la serva, e vista la mala parata – moriremo tutti stanotte? – si confessano le scappatelle. Roman Polanski in “The Palace” torna invece alla fine del 1999, che pure un po’ ci spaventò. L’eterno giovanotto fa coppia con Jerzy Skolimowski, 60 anni dopo “Il coltello nell’acqua”. Scienza poca, satira garantita.
Effetto nostalgia