Venezia 2023
Liliana Cavani: "Con i miei film cerco di capire il tempo e la storia che ci riguarda"
La regista novantenne ha ricevuto il Leone d'Oro alla carriera nel giorno d’inaugurazione dell’80esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, dove ha presentato il suo ultimo film, L'ordine del tempo. Intervista
Lido di Venezia. La regista Liliana Cavani aveva undici anni il 15 agosto del 1944 quando assistette personalmente, nella piazza principale della sua Carpi, in provincia di Modena, alla tragedia dei sedici martiri uccisi dai fascisti. "I ricordi di quelle grida, soprattutto quelle delle madri per i figli morti, sono rimaste dentro di me a lungo, ma poi crescendo le ho dimenticate fino a quando quell’orrore non mi portò a realizzare un film nel 1970, I cannibali, liberamente ispirato all'Antigone di Sofocle". Oggi che la regista ha compiuto 90 anni si parla di un ritorno del fascimo. "La madre degli imbecilli, come si dice, purtroppo non muore mai. Mi sembra inevitabile – riflette Cavani –che ci siano ancora delle persone che ragionino in certi modi, ma il motivo è chiaro. Vai a capire qual è stata la loro educazione, semmai l’abbiano ricevuta. Mi stupisco ogni volta, ma poi, a ben guardare, la situazione è semplice e dipende dal fatto che la maggior parte di noi, a scuola, non ha ricevuto un’istruzione adeguata che ci permetta poi di decidere per il bene della Storia. Basti pensare alle posizioni dei negazionisti della Shoah: come si può pensare una cosa simile, visto che tutto o quasi è stato filmato e che esistono delle immagini? Gliele farei vedere con un bastoncino sugli occhi per tenerglieli aperti. La colpa? È della scuola che non si è adeguata alla ferocia dei tempi".
Siamo a Venezia, dove è appena iniziata l’80esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica e la regista di un film cult come Il portiere di notte – senza dimenticare i tre dedicati a Francesco d’Assisi, ma anche La pelle, Il gioco di Ripley e Al di là del bene e del male – ha ricevuto il Leone d’Oro alla carriera dalla sua musa Charlotte Rampling, protagonista di quella “scandalosa” pellicola del 1974 con Philippe Leroy. "Mi piace tanto il mio lavoro – aggiunge Cavani – ed è per me già un premio poterlo fare. La linea che unisce i miei film è la curiosità di capire il mio tempo, di comprendere la storia che ci riguarda".
È proprio lo scorrere del tempo a separare un gruppo di amici dalla fine del mondo nel suo nuovo film, L’ordine del tempo, presentato qui al Lido in anteprima mondiale Fuori Concorso. Affollatissimo il cast: Alessandro Gassmann, Claudia Gerini, Edoardo Leo, Ksenia Rappoport, Valentina Cervi, Richard Sammel, Francesca Inaudi, Mariana Tamayo, Fabrizio Rongione, Alida Baldari Calabria e Angela Molina, "che tutti insieme – precisa lei – sono riusciti ad esprimere paura, nostalgia, stupore, incertezza e speranza con la stessa misura. Il tempo di fatto non esiste, ma è un qualcosa che ci condiziona in qualche modo. Da giovane, non pensavo che ci potesse essere un futuro e non progettavo niente. In realtà, lo facevo eccome e tanti altri giovani come me lo facevano e i giovani continuano a farlo anche oggi. È l’interesse e la curiosità a tenere attiva l’intelligenza. Fa parte della vita che è un viaggio, un viaggio inquietante che noi umani facciamo nell’Universo secondo un programma che non abbiamo scelto, ma che accade, così come tutto accade secondo l’ordine del tempo".
"In tutto questo – continua la regista che ha una laurea in Lettere Antiche – la Storia ha il suo peso, la sua importanza e non dobbiamo dimenticarcene così da evitare altri errori. Dopo aver vinto un concorso in Rai come dirigente, rifiutai, perché non volevo fare burocrazia a nessun livello. Volevo solo occuparmi di documentari. Iniziai così con il cinema, occupandomi di Storia, che mi ha segnata. Quando montavamo Storia del Terzo Reich (è del 1962, ndr), guardavamo quelle immagini che erano scioccanti, un viaggio in moviola che mi ha sconvolta così come fare una trasmissione sulle donne della Resistenza, su coloro che decisero di combatterla. Raccontai di una ragazza di 24 anni che vinse la battaglia di Porta Lame, a Bologna, vendicando i suoi fratelli che erano stati uccisi, o quella di una milanese che per il suo compleanno tornava sempre a Dachau perché, mi disse, non si perdonava di essere sopravvissuta. Nella Storia, l’importanza della donna e della sua intelligenza è stata importantissima, ma mai abbastanza raccontata, perché si è sempre dimenticato che la donna (si fa un riferimento ad Alcesti in questo suo nuovo film, ndr) riesce sempre ad affrontare ogni situazione e a trovare una soluzione che è sempre quella possibile".