80esima mostra del cinema

A Venezia il Leone d'oro va a "Poor things" con Emma Stone, ma è il festival dei migranti

Mariarosa Mancuso

Trionfano Matteo Garrone con “Io capitano” (premio per la migliore regia) e Agnieszka Holland con “Green Border” (premio speciale della giuria). I premi hanno privilegiato le storie contemporanee, la rotta balcanica, la rotta mediterranea, e la natura da rispettare

E’ stata la serata dei migranti. Il trionfo di Matteo Garrone con “Io capitano” (premio per la migliore regia) e di Agnieszka Holland con “Green Border” (premio speciale della giuria). Più il premio Marcello Mastroianni per l’attore rivelazione a Seydou Sarr, uno dei due ragazzi senegalesi che recitano nel film di Garrone - chissà perché non a tutti e due. Moustapha Fall con i capelli ossigenati è salito lo stesso sul palco, assieme al vero protagonista della storia, cha ha imparato l’italiano tanto bene da iniziare il suo intervento dicendo “in primis”.

 

C’erano tanti film rivolti al passato, a cominciare da “Comandante” di Edoardo De Angelis: un italiano “brava gente” che salva l’equipaggio di una nave nemica cannoneggiata (“affondare il ferro, salvare l’uomo”). I premi hanno privilegiato le storie contemporanee, la rotta balcanica, la rotta mediterranea, e la natura da rispettare nel film di Ryusuke Hamaguchi “Il male non esiste”. Aiuta la memoria sapere che è il regista del bellissimo “Drive my car”, qui incantato dalla natura (alberi, alberi, alberi, con e senza neve) minacciata da un resort che ha previsto gli scarichi là dove può inquinare meglio il fiume.

 

Premio per la miglior sceneggiatura a Guillermo Calderón e Pablo Larraín per “El Conde”. Pinochet vampiro, che dai tempi della rivoluzione francese - con la comoda ghigliottina - succhia sangue umano e perpetua il male (in Cile sono decisamente più pessimisti che in Giappone).

 

Peter Sarsgaard ha vinto la coppa volpi per “Memory”, il film sull’alzheimer del messicano Michel Franco (avremmo preferito Caleb Landry Jones in “Dogman” di Luc Besson ma la giuria ha preferito la demenza neanche tanto senile alla vendetta). Migliore attrice Cailee Spaeny per “Priscilla” di Sofia Coppola, che racconta una moglie bambina e la sua ribellione a Elvis Presley - unica battuta divertente del film, alla scuola cattolica di Priscilla: “Dio benedica tuo marito e i suoi fianchi”.

 

Leone d’oro da applauso a un film pazzo che regala a Emma Stone (assente per sciopero) il ruolo della creatura di Frankenstein - dal romanzo “Povere creature” di Alasdair Gray. Ripescata dal Tamigi e rimontata - a modo suo, è un esperimento scientifico - da Willem Dafoe con la faccia devastata dalle cicatrici. Ha il cervello di una bambina, e la camminata meccanica. A poco a poco impara a parlare correttamente. Per le buone maniere c’è tempo. Vuole picchiare un bambino che al ristorante piange, e quando scopre il sesso nessuno la tiene più.

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