pomodori marci
Il sito Rotten Tomatoes dà punteggi farlocchi ai film. Se ne sono accorti al botteghino
Molto consultato dagli spettatori e dagli addetti ai lavori, sottovaluta o sopravvaluta i film fuori scala, ed è anche piuttosto facile da truccare
Non sono soltanto le lotte sindacali a turbare i sonni, a Hollywood e dintorni. Le parti riprenderanno le trattative questa settimana, tra “abbiamo offerto il massimo” e “non basta, come la mettiamo con l’intelligenza artificiale?”. Va a finire che inventeranno un’intelligenza artificiale con diritto di sciopero, e i litiganti si calmeranno. Intanto l’associazione dei produttori – cinema, tv e piattaforme – ha cambiato il rappresentante incaricato di trattare.
Succede che il sito Rotten Tomatoes – pomodori marci, dal disegnino che chiude le recensioni negative, le positive hanno un pomodoro verde spiaccicato – non è affidabile come abbiamo creduto finora. Molto consultato dagli spettatori e dagli addetti ai lavori, sottovaluta o sopravvaluta i film fuori scala, ed è anche piuttosto facile da truccare.
Le percentuali sono calcolate in base alle recensioni positive: “Barbie” di Greta Gerwig raggiunge l’88 per cento di recensioni positive, su 467. “Oppenheimer” di Christopher Nolan ha il 93 per cento di recensioni positive, sulle 465 prese in esame. Viene il dubbio che i critici americani siano in gran parte maschi, ma lo terremo per noi. Penalizza le recensioni complesse, o anche solo un po’ complicate da capire, sostiene Paul Schrader (ma quando, quando uscirà il suo splendido “The Master Gardener” che era a Cannes nel 2022?). Spiega: “Ho letto recensioni dei miei film che dicevano: ‘non è chiaro se il regista sia riuscito a concludere qualcosa, ma il modo in cui non ci riesce è molto interessante’”. Un complimento per Paul Schrader, una critica pesante per gli addetti che leggono le recensioni e decidono se sono buone o cattive (tanto varrebbe passare direttamente ai punteggi, per questo non ne trovate nella pagina del sabato). A parte la difficoltà di valutare, sono scomparsi i critici-faro come Pauline Kael o Roger Ebert: i pollici alzati in segno di approvazione non sono tutti uguali.
È facile, scrive Lane Brown su Vulture, correggere i primi giudizi negativi. Basta aggiungere i pareri positivi di critici amici, spesso scriventi su siti quasi invisibili, un 30 per cento di pomodori rossi può arrivare al 60 per cento, superando la soglia che fa passare da “rotten” a “fresh”. L’esempio riferito da Vulture riguarda “Ophelia”, una versione al femminile di “Amleto”: partito malissimo, ha migliorato il punteggio fino a incuriosire un distributore americano che l’ha comprato.
Quando i film sono presentati ai festival, spesso succede il contrario (senza bisogno di spintarelle verso l’alto, basta la forza di gravità). Un punteggio alto – per esempio l’86 di “Blonde” e l’84 per cento di “The Whale” con Brendan Fraser – può dimezzarsi. Gli spettatori paganti non vogliono vedere film noiosi, se ci sono in cartellone “Barbie” oppure “Oppenheimer”, estate o non estate rispondono all’appello anche senza sconti.
Quentin Tarantino girerà il film “The Movie Critic”: ma non legge più le recensioni perché non conosce più nessuno. E’ la motivazione che, 25 anni fa, portò a fondare il sito, aggregando gli articoli e trasformandoli in percentuali, più facili da leggere. Poi al cinema si è aggiunta la tv, e pure i videogiochi. Trovare un critico di cui fidarsi era troppo faticoso. Per mettersi al riparo i produttori – quando sceneggiatori e attori torneranno al lavoro e ricominceranno a produrre – hanno un algoritmo costruito per prevedere il punteggio su “Rotten Tomatoes”.
Poi però i biglietti venduti scarseggiavano, rispetto a quelli promessi da generosi punteggi, e la truffa è venuta alla luce. Non proprio una medaglia al valore per un’industria che dipende dai gusti degli spettatori.
Politicamente corretto e panettone