nuovo cinema mancuso
Yannick - La rivincita dello spettatore
La recensione del film di Quentin Dupieux, con Pio Marmaï, Blanche Gardin, Raphaël Quenard
"Non ce la faccio… Non ce la faccio…”. Da ripetersi una decina di volte, passeggiando nervosamente sul palcoscenico, cambiando intonazione ogni volta. Pio Marmaï apre il film con una dimostrazione di bravura, sproporzionata alla “commedia di corna” che va in scena. La fedifraga è Blanche Gardin (fidanzata, o forse ex, di Louis C. K., non è gente che racconta i fatti propri, al massimo ne ricava una battuta). Uno spettatore si alza e protesta “non è divertente, ero depresso e ora mi sento peggio, mi avete rovinato la serata, il viaggio da casa mia a qui con i mezzi dura due ore, e due per tornare, buttate via”. Gli attori cercano di calmarlo, si sente pronunciare la parola arte, lui tira fuori una pistola e sembra abbastanza matto per usarla. Non c’è il regista? Ma è come se al ristorante non ci fosse lo chef, con chi mi lamento se il cibo è cattivo? Quentin Dupieux ha messo in scena ogni genere di bizzarria, come la spassosa mosca gigante di “Mandibules” (beve da una piscina) e il meno divertente “Daaaaaalí!” (quando l’arte si immischia, bisogna fare molta attenzione). Rispetto al solito, questo film è meno arzigogolato. Ma fa venire cattivi pensieri. Gli stessi che abbiamo fatto su certi registi di cinema che ancora – ancora! sembra incredibile, ci sono stati i personaggi in cerca d’autore e ogni tipo di decostruzione – danno alla noia i contorni dell’Arte Sublime. E pensano che gli spettatori siano sciocchi, incapaci di capire le sfumature.