Nuovo cinema Mancuso
Drive-Away Dolls di Ethan Coen, un viaggio per elaborare il lutto
La recensione del film con Margaret Qualley, Geraldine Viswanathan e Beanie Feldstein
Dopo quasi venti film insieme, scritti e girati senza attriti, qualche volta montati con lo pseudonimo di Roderick Haynes, viene la voglia di mettersi in proprio. Aveva cominciato Ethan, una ventina di anni fa, scrivendo i racconti usciti da Einaudi con il titolo “I cancelli dell’Eden” (ancora ricordiamo il campeggio ebraico e le sculture con la pasta di pane). Poi Joel ha girato da solo, con William Shakespeare alla sceneggiatura, uno strepitoso “Macbeth” (attori: Denzel Washington e Frances McDormand). Ora è di nuovo Ethan a lavorare in solitaria (con Tricia Cooke al copione). “Drive-Away Dolls” (le fuggiasche, più o meno) entra nel territorio lesbian. Jamie si dispera per l’ennesima rottura con la fidanzata Sukie – e non deve essere neppure la prima. Ha una sola amica, Marian, tutto il contrario di Jamie: a cominciare dagli abiti accollati che indossa (l’attrice è Geraldine Viswanathan, australiana di madre svizzera e di padre tamil). Un viaggio per elaborare il lutto e capire cosa fare di sé? Marian propone Tallahessee dove ha una zia. Prendono una di quelle macchine “sola andata” – da riportare al proprietario che non ha voglia di guidare da Philadelphia alla Florida. Partono, ma la macchina era destinata ad altri (ora furiosi) clienti. Con una valigetta nel bagagliaio (e anche un più macabro ricordino). Vibratori. Sono vibratori. Modellati, a scopo di ricatto, sugli attributi di personaggi pubblici. Il resto è delirio.
Effetto nostalgia
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