Il mio amico robot è il miglior film della settimana
Il cartone animato di Pablo Berger, dal romanzo a fumetti di Sara Varon, è un gran film muto. E un gran regalo che ci libera dai doppiatori con le vocine
Andateci. E’ il titolo della settimana. Sicuro, un film d’animazione. Perché resistete? Certi attori disegnati sono tanto più espressivi degli attori veri, basta rivedere la meravigliosa sequenza in cui il ratto di “Ratatouille”, chiuso in un barattolo di vetro, implora pietà dal cuoco Linguini.
“Dog” – il cane protagonista, sta scritto anche sul citofono – vive nella Manhattan anni 80 (quella di Tama Janowitz in “Schiavi di New York”, se oltre al cinema ogni tanto leggete qualche libro). Vive solo, mangia macaroni & cheese riscaldati, e si annoia moltissimo. In tv vede la pubblicità di un robot da compagnia. Lo ordina, lo monta – e vivono per un po’ in grande armonia. Fino al giorno in cui vanno al mare, Coney Island con la ruota della fortuna (come nel film di Woody Allen) e il luna park (era nome proprio, Luna Park, quando fu costruito e poi imitato dappertutto).
Asciugamano e bagnetto, ma le giunture di Robot non reggono e rimane bloccato. Dog è costretto a lasciare l’amico, non ce la fa a trascinarlo e la spiaggia viene chiusa. Robot aspetta e sogna – il titolo originale è “Robot Dreams” ma la realtà è molto diversa. Cade la neve, torna l’estate, si rivedranno? Pablo Berger, di origine basca, nel 2012 ha diretto lo splendido “Blancanieves”: la favola dei fratelli Grimm trasportata nell’Andalusia degli anni venti. E nel cinema muto, in bianco e nero goticheggiante. Anche “Il mio amico Robot” è muto, gran regalo che ci libera dai doppiatori con le vocine.