La kermesse dell'audiovisivo
Oltre ai film, al Festival di Cannes si chiacchiera di presunti predatori sessuali. Con tanto di liste
Sta circolando in rete un elenco di dieci nomi tra attori, registi e produttori, tra i 30 e i 40 anni, che avrebbero compito "comportamenti poco appropriati" nei confronti di alcuni lavoratori nel mondo del cinema: le accuse arrivano fino all'aggressione sessuale
Come dicono le fanciulle – abbassando lo sguardo per non far capire che non ne sono convinte fino in fondo – anche il Festival di Cannes chiede di essere apprezzato per la sua intelligenza. Per i film selezionati, non per le polemiche che ogni anno scoppiano. Il catalogo 2024 va dal numero di registe accolte in concorso (ma non basta che l’anno scorso abbia vinto Justine Triet, con “Anatomia di una caduta”?) al sempre vivo “Moi Aussi”. Traduzione francese di #MeToo e titolo di un cortometraggio di Judith Godrèche: aprirà la sezione “Un certain regard”, parallela al concorso principale (per scelta direttoriale: vederlo sì, ma non tra i grandi – poi uno si lamenta per le polemiche).
Quel che veramente turba il cinema francese, non solo al Festival di Cannes numero 77, è una lista che circola in rete. Una decina di nomi che potrebbero smascherare “comportamenti poco appropriati” da parte di registi, attori e produttori, fra i 30 e i 40 anni. Aggressioni sessuali sembra ben documentate (non tutti i casi finora erano prova di tribunale). Se dovessero uscire i nomi – intanto ognuno fa le sue scommesse, il mondo del cinema non è un regno fatato né un intreccio di buoni sentimenti – è stata già allertata l’agenzia di comunicazione Image 7.
C’è poi il caso di Dominique Boutonnat – caso giudiziario, intendiamo – accusato di aggressione sessuale dal figlioccio (adulto, durante una vacanza famigliare in Grecia). Verrà giudicato dal tribunale il 14 giugno prossimo. Per chi si occupa di cinema, una seria aggravante: Dominique Boutonnat è presidente del Cnc, Centro nazionale del cinema e dell’immagine animata – in sostanza: il principale finanziatore del cinema francese, che garantisce “l’eccezione culturale”. I cinematografari ne chiedono l’allontanamento. I ministri della Cultura (è in carica dal 2019) lo difendono. Al confronto, il minacciato sciopero dei lavoratori che fanno funzionare l’enorme macchina del Festival pare governabile – c’era già stata una minaccia da parte della società elettrica, ma le luci al Palais sono rimaste sempre accese. Per far parlare un po’ dei film (non dell’invito a denunciare le mani lunghe) il direttore Thierry Frémaux ha messo in apertura Quentin Dupieux, con il film “Le deuxième acte”.
Ex musicista con lo pseudonimo di Mr. Oizo, ha debuttato al cinema nel 2010 con “Rubber”: protagonista uno pneumatico assassino – molto divertente, questo va detto. Poi ha girato “Mandibules”: due ladri incapaci rubano una macchina e nel bagagliaio trovano una mosca gigante, sarà alta un metro. “Yannick” è uno degli ultimi film (un altro noiosissimo è su Salvador Dalí, non sempre le bizzarrie riescono). Succede che a teatro uno spettatore si alza durante lo spettacolo, e dice “fate schifo, rivoglio i miei soldi, vengo da fuori Parigi e ho sprecato una serata”. Qualsiasi critica negativa al film sarà considerata una citazione.
Nulla si può rimproverare al “Napoléon” di Abel Gance, oltre cinque ore perfettamente restaurate, e colorizzate quando serve (segnalavano l’emozione dominante, passione o rabbia). Muto, girato nel 1927, con il fascinoso Antonin Artaud nella parte di Marat che soffre di dermatite, comincia con Napoleone bambino che fa a palle di neve: una vera battaglia, con fortino, assalti, cappelli sui pali per ingannare i nemici. Non è proprio il “Napoleone dorme abbracciato al suo orsacchiotto”, immaginato da Stanley Kubrick per un film mai fatto – ma i grandi hanno sempre il giusto guizzo. Per quanti sforzi faranno i registi in concorso, è la dimostrazione che nel 1927 al cinema non c’era già più nulla da inventare. Neanche lo schermo diviso in due, poi in quattro, poi in otto quadratini.