pop corn
The fall guy
La recensione del film di David Leitch, con Ryan Gosling, Emily Blunt, Winston Duke, Aaron Taylor-Johnson
Il regista celebra la sua antica professione, quando faceva lo stuntman – nelle sue diverse gerarchie: da controfigura semplice a coordinatore degli stuntman (cascatore, dicono i dizionari italiani, mai aggiornati da quando il mestiere consisteva nel cadere da cavallo senza farsi male). David Leitch aveva lavorato per “Fight Club”, per “Troy”, per “Una notte da leoni”, prima di fare il gran passo verso la regia e la produzione, con “Atomic Blonde” e “Bullet Train”.
Ryan Gosling qui è la controfigura di Aaron Taylor-Johnson (che fu un perfetto Vronskij capace di spezzare il cuore a Keira Knightley, in “Anna Karenina” di Joe Wright). Si fa sbattere contro una roccia, dare fuoco, e capotta con la macchina tutte le volte che glielo chiedono. Perché “si vede troppo la faccia” – il film è un po’ retrodatato, a quando gli effetti speciali non erano perfezionati come oggi – altre volte per capriccio o dispetto. Dopo un incidente sparisce dal mondo, e dagli occhi di Emily Blunt, camerawoman con sogni da regista. Lo richiamano perché la star a cui faceva da controfigura è sparita, in un film diretto da Emily Blunt che ce l’ha fatta: dirige un pasticcio dove un aliena e un umano si innamorano – ma ancora c’è da scrivere il terzo atto. Saranno felici? La satira del mestieraccio è azzeccata, ma più di tutto son da ammirare le acrobazie – non c’è altra parola – degli stuntman. Una schiera, variamente specializzati, e un cane che attacca se glielo ordinano in francese.