(foto LaPresse)

Panico in sala

Il cinema è appeso a un filo (di sequel). Le tante ombre su Hollywood

Mariarosa Mancuso

Pandemia, scioperi, sale vuote. L’industria arranca dopo un Memorial Day flop: pochi incassi per "Furiosa" e andamento in negativo rispetto all'anno scorso

Il Memorial Day negli Stati Uniti cade l’ultimo lunedì di maggio, segnando l’inizio – non ufficiale ma sentito – della stagione estiva. Un lungo fine settimana per dare il via all’estate cinematografica, che a differenza dello squallore a cui noi siamo abituati (ora non c’è neppure il richiamo dell’aria condizionata, si può avere a casa come lo streaming) portava con sé grandi titoli e grandi incassi. Non quest’anno. Le cifre sono state decisamente basse: il corrispondente da Los Angeles del Times scrive che Hollywood ha premuto il “panic button”, dopo una serie impressionante di flop. C’erano in programmazione “Furiosa” di George Miller (prequel di “Mad Max: Fury Road”) e “Garfield”, film d’animazione con il gatto mangialasagne diretto da Mark Dindal (e una trama un po’ diversa dalla solita). Il primo ha incassato negli Usa 32 milioni di dollari – con un budget stimato di 168 milioni. Il secondo ha incassato un milione in meno, con un budget di 60 milioni. I botteghini internazionali contribuiscono per 30 milioni e rotti (la guerriera) e 66 milioni (il gatto ciccione).

L’anno scorso gli incassi nel fine settimana del Memorial Day avevano toccato i 205 milioni di dollari. Quest’anno si sono fermati a 128 milioni (dati Comscore). Le proiezioni per il 2024 prevedono 800 milioni rispetto allo scorso anno – quando lo spettatore poteva scegliere tra “Barbie” di Greta Gerwig e “Oppenheimer” di Christopher Nolan. In percentuale: il 25 per cento rispetto al 2023 e il 40 per cento rispetto agli anni prima della pandemia. Il Memorial Day peggiore da 43 anni. Nella sintesi di Sean Baker, Palma d’oro a Cannes con “Anora” – accolta con entusiasmo da chi ama il cinema, con orrore da chi la considera un sicuro segno di “smarrimento dei valori cinematografici”, ennesima controprova che molti critici il cinema proprio non lo amano – la situazione è “spaventosa”. Gli analisti tentano una spiegazione. Sostiene David A Gross: “Pandemia e sciopero, uno dopo l’altra. Le proteste hanno inceppato i meccanismi di Hollywood quando ancora non tutti gli spettatori erano tornati a frequentare le sale”. Aggiunge: “Lo so, è stato detto e ridetto; ma bisogna tenere presente che un grande studio per mettere in cantiere, produrre, distribuire un film ha bisogno di tempo, da 18 a 24 mesi. Per ripartire ci vorrà almeno un altro anno”. Chiude con le sinistre parole: “Poi si vedrà”.

Lanciare un film è come lanciarsi con il paracadute, sosteneva Robert Evans, produttore del “Padrino” e di “Chinatown”: “Hai una sola possibilità: se non si apre sei morto” (“to open” si dice anche dei primi giorni di programmazione di un film). Ma erano gli anni d’oro. Michael Niederman, professore di cinema a Chicago, dice che Hollywood ha un problema con i giovani. Erano loro a decretare il successo di un film come “Lo squalo” di Steven Spielberg – adesso mettono in croce Richard Dreyfuss per aver pronunciato la ragionevole frase: “Un bambino di dieci anni che vuole essere una bambina magari sta solo giocando, e poi da grande si pentirà. I genitori non dovrebbero prenderlo troppo sul serio”. Gli ottimisti sostengono che usciranno nella stagione ancora molti film, da “Inside Out 2” a “Cattivissimo me 4” a “Deadpool 3”. Non stiamo scherzando, sono questi i titoli che dovrebbero risollevare i botteghini. L’elenco è abbastanza deprimente, non si può vivere di seguiti. I ragazzini crescono, si fanno sempre meno figli e bisognerebbe trovare un modo più intelligente di risollevare il business. I pessimisti, assieme ai realisti, sono convinti che i primi mesi di quest’anno hanno scavato un fossato da cui sarà molto difficile uscire.

Di più su questi argomenti: