La recensione
Con "Inside Out 2", l'estate cinematografica americana torna a brillare
Il nuovo film mette d'accordo tutti e fa contenta la Pixar, che da un po' non ne azzeccava una. Buonissimi incassi per un film notevole per essere un sequel: Riley ora affronta l'adolescenza e nella sua testa compaiono le nuove emozioni, quelle più "antipatiche"
Missione compiuta. Per “Inside Out 2”, l’ultimo film della Pixar – attualmente maritata Disney – che segue la ragazzina Riley nella prima vacanza lontana da casa, tre giorni di campo estivo dedicato all’hockey. Per gli incassi, che fanno felici gli esercenti: la stagione estiva americana torna a essere come la ricordavamo prima del Covid. Per la ditta Pixar, che da un po’ non ne azzeccava una: “Elemental” era sciocco e banale, per chi aveva immaginato “Toy Story”; “Luca” nel sud Italia mirava ai ragazzini; “Turning Red” è andato in streaming su Disney+ e quasi nessuno se n’è accorto; “Onward - Oltre la magia” sfotteva il fantasy con i draghi, nulla che possa attrarre gli adolescenti, e ora neppure gli spettatori adulti, incantati dagli sputafuoco di “House of the Dragon”.
155 milioni incassati nel primo fine settimana Usa (e altri 140 nei paesi dove è già uscito, da noi sarà in sala domani, mercoledì 19) piazzano “Inside Out 2” in ottima posizione. Soprattutto per un seguito, in un periodo di incassi non clamorosi. È il primo film dopo “Barbie” di Greta Gerwig – che lo scorso luglio aveva incassato 162 milioni di dollari nel weekend di debutto – a superare i 100 milioni. Per fare un paragone, “Dune - Parte 2” si è fermato a 82,5 milioni di dollari, “Godzilla e Kong” ne hanno messi insieme 80.
I numeri sono fondamentali per dare un po’ di respiro agli esercenti – anche se l’estate italiana non è paragonabile a quella americana: il pubblico prende secchiello e paletta, asciugamano e crema solare, e va a sdraiarsi in spiaggia. Ma il film, il film com’è? Notevole, per essere un seguito. La storia è originale e drammatica: una ragazzina affronta l’adolescenza. E oltre alle emozioni che conosce, che l’hanno governata fino ai tredici anni, ne arrivano altre. Meno simpatiche – ma come diceva Hitchcock, “più riuscito il cattivo, più riuscito il film”.
Sono le emozioni negative, potremmo dire “antipatiche”. Prima fra tutte Ansia: una mostriciattola arancione con i capelli sempre ritti in testa, calzoni e maglia a righe, preoccupata per ogni cosa e dotata di un’infinita capacità di drammatizzare. Assieme a lei arriva Invidia, minuscola ma con gli occhi smisurati. Poi c’è Ennui: magra, alta, con l’accento francese, sempre mollemente adagiata sul divano dietro la consolle (nel frattempo messa a nuovo per i nuovi comandi). E Imbarazzo: gigantesco e imbacuccato in una felpa grigia. Chiunque sia stato adolescente riconosce gli inciampi, la vergogna, l’umiliazione.
Il primo “Inside Out” uscì nel 2015 e fu una piccola rivoluzione. Anche per la Pixar che aveva costruito “Toy Story” sui giocattoli dismessi: arriva Natale e arrivano i nuovi a sostituirli. “Inside Out” era un viaggio nella mente, preciso nella sua geografia fino all’Amico Immaginario che quando è triste piange caramelle. Per il resto, è composto da pezzi di altri giocattoli. Il lavoro eccezionale della Pixar fu così riassunto: “I giocattoli hanno sentimenti, i pesci hanno sentimenti, le emozioni hanno sentimenti”. Rabbia vorrebbe radere al suolo ogni cosa, Disgusto è vestita color broccolo ma i broccoli li odia, Gioia fa la direttrice d’orchestra (e nello stesso tempo cerca di tenere un po’ su Tristezza, disegnata a forma di grossa lacrima blu).
La tre giorni sportiva, e sopratutto la nuova scuola che la separerà delle amiche, sono un turbine di emozioni poco governabili (Imbarazzo quasi non esce dalla sua felpa, Invidia è bassa, neanche arriva alla consolle). La ragazzina Riley sbaglia parecchie mosse, sul ghiaccio e fuori. Le vecchie e affidabili emozioni per un po’ sono fuori gioco: chiuse in un barattolo con i buchi per l’aria sul coperchio.
Politicamente corretto e panettone