Una scena tratta dal film Queer di Luca Guadagnino con Daniel Craig - foto Ansa

Dal 27 agosto al 7 settembre

Dal Lido agli Oscar: tutti i film alla Mostra del cinema 2024

Mariarosa Mancuso

Il seguito di "Joker", un auto-remake di Tim Burton, "L'orto americano" di Pupi Avati, ma anche "Queer" di Luca Guadagnino. Ecco il programma della prossima edizione della Mostra presentato dal direttore Alberto Barbera, riconfermato per altri due anni

Un elefante passeggia in Laguna, nel manifesto disegnato da Lorenzo Mattotti. Il direttore Alberto Barbera è stato riconfermato per altri due anni, questo non sarà il suo canto d’addio alla Mostra del cinema. Siamo tutti più contenti, tranne chi sperava di prendere il suo posto: è stata una scelta che guarda al futuro della Mostra, diventata negli ultimi anni – pandemia permettendo – la via maestra per gli Oscar. Tutto cominciò con Alfonso Cuarón, che nel 2013 inaugurò il festival con “Gravity”, dimostrando che i film d’autore non devono per forza essere noiosi e i film girati con pochi soldi possono essere spettacolari.
 

Il cinema cammina in fretta, nonostante gli scioperi dell’anno scorso. Quest’anno in concorso c’è perfino un seguito. “Joker: Folie à Deux” di Todd Phillips, che con il suo primo “Joker” vinse nel 2019 il Leone d’oro. C’è sempre Joaquin Phoenix, accanto a Lady Gaga nella parte di Harley Quinn. In apertura, addirittura il remake di “Beetlejuice” (dissennatamente fatto circolare in Italia con la precisazione “spiritello porcello”) Auto-remake: dirige Tim Burton, il primo film nel 1988 fu un successo strepitoso. Ma i tempi appunto sono cambiati, non è detto che i neo-fantasmi e la cacciata degli umani funzionino ancora.
 

In chiusura della Mostra (inizia il 27 agosto e termina il 7 settembre) il film di Pupi Avati “L’orto americano”.  Da un romanzo del regista (Solferino editore, con lo stesso titolo) che torna al gotico: tra una ragazza in divisa da ausiliaria americana e un giovane aspirante scrittore è amore a prima vista (per lui, che andrà in America e troverà un orto di scheletri). Francesca Comencini in “Il tempo che ci vuole” rievoca il rapporto con il padre Luigi.
 

In concorso, vedremo il primo film in lingua inglese di Pedro Almodóvar, “The Room Next Door”, con Tilda Swinton e Julianne Moore (e molti altri che scompaiono di fronte a una simile accoppiata). Fabio Grassadonia e Antonio Piazza mandano lettere all’Etna. “Iddu” è il titolo: così i catanesi si rivolgono alla montagna, con reverenza e familiarità. Riponiamo le nostre spettacolari speranze in “Queer” di Luca Guadagnino. Da un romanzo di William Burroughs, tradotto da Adelphi con lo stesso titolo. Con Daniel Craig, che finalmente smette con James Bond. Un storia di sesso, droga, fughe, allucinazioni, amori e militari.
 

Attira francamente un po’ meno (abbiamo i nostri pregiudizi, dopo una quasi trentennale militanza festivaliera) il film di Brad Corbet “The Brutalist”. Un altro cast di star che illumina il red carpet: Adrien Brody, Guy Pearce, Felicity Jones, Stacy Martin. Sceneggiatura scritta assieme alla partner  Mona Fastwold, racconta 30 anni nella vita di Laszlo Toth, architetto ebreo-ungherese che sopravvive all’Olocausto e alla fine della guerra parte per l’America. Il sogno americano è fatto di miseria, per cominciare. Finché un contratto  con un cliente ricco e misterioso gli cambia la vita. Speriamo in 215 minuti ben spesi.
 

George Clooney e Brad Pitt saranno i lupi solitari di “Wolfs”, diretto da Jon Watts (ha diretto “Spider-Man” con Tom Holland e Zendaya, e un po’ di multiverso). Lupi solitari come  due killer professionisti che i casi della vita costringono a lavorare insieme. La mostra di Venezia, sempre attenta a quel che si muove (a dispetto dell’antica formula “ARTE CINEMATOGRAFICA” nella ragione sociale) dedica uno spazio alle serie. In prima fila – per noi sarà un tormento – “M Il figlio del secolo” diretto da Joe Wright. Ci rifaremo con Alfonso Cuarón e la sua serie “Disclaimer”, con Cate Blanchett e Kevin Kline. E  soprattutto con “Families Like Ours” di Thomas Winterberg: ormai molti registi bravi preferiscono le serie.

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