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FACCE DISPARI

Enrico Vanzina: “L'arte della leggerezza contro i lugubri seriosi”

Francesco Palmieri

"Agosto più che una vacanza è un’uscita da se stessi". Lo sceneggiatore di Sapore di mare racconta l'estate, Roma, i suoi diari e il rapporto con il tempo. Intervista

Sui calendari d’agosto potrebbe campeggiare la frase di Leo Benvenuti che fece sua Enrico Vanzina: “In fondo cos’è la vita? Sono venti estati utili”. In cui “ci succedono”, chiosò sul ‘Diario diurno’ uscito nel 2022 per HarperCollins, “quelle cose importanti che rendono la vita degna di essere vissuta”. “Dopo, succedono molte altre cose. Ma non è più il tema principale, sono variazioni. Arrivano la stanchezza, un po’ di noia, incomprensioni. Alle quali si ribatte con la fuga, o con l’intelligenza, o con qualche compromesso. Per mantenere in vita quello che era stato deciso vent’anni prima. In estate”.

Raccontare questa stagione al cinema con ‘Sapore di mare’ fu utile non solo a Enrico e al fratello Carlo, ma agli italiani, e quel film del 1983 che è diventato un classico tornerà restaurato il 29 agosto nelle sale anche per chi all’epoca alzava il sopracciglio e s’è (forse) ravveduto.

 

Lei ha scritto che “il critico più galantuomo è il Tempo”. Quel film rievocava un’estate del 1964 a Forte dei Marmi. Nel ‘Diario diurno’ annota di avere conseguito, a una certa età, “il miracolo del Tempo che fugge ma non scappa”. L’estate è nostalgia?

Più tenerezza che nostalgia. Nel centro di Roma ritrovo l’infanzia, una foto di mia madre che mi spinge sul carrozzino nella piazza deserta, il senso metafisico di de Chirico. Ora c’è il riempitivo dei turisti con lo smartphone. Mi diverto quando per guardarlo sbattono contro un palo.

 

Com’è cambiata Roma estiva rispetto agli anni suoi o di papà Steno?

Ricordo un episodio che lo divertì moltissimo: in un agosto degli anni cinquanta, un turista tedesco con zainetto s’aggira per le strade senza un’anima e finalmente scorge un’edicola aperta. Per sfuggire alla calura il giornalaio è lì dentro, immobile come un geco. Il tedesco chiede dov’è Fontana di Trevi e lui biascica, alzando lentamente lo sguardo: “Lo so ma nun me va de dirlo…”. C’è tutto lo spirito romano.

 

Come si sta ad agosto a Roma?

Basta con chi dice: come si sta bene. È retorica snob. Facendo cinema ci sono rimasto spesso e si sta male, però t’accorgi di chi ti ama perché resta con te. È una prova del fuoco per i sentimenti. Per esempio è terribile morire ad agosto: “Quando in Italia anche Dio va in vacanza”: lo diceva García Márquez, mica uno svedese.

 

Cosa le spiace di più?

Ho una terribile paura di rimanere chiuso in ascensore. Mi devastano i telefoni che squillano nelle case vuote o gli allarmi che scattano. Trovo miserabili i raduni notturni dal grattacheccaro di gente in canottiera e calzoncini. Come diceva Flaiano, viene fuori l’animo da bagnino dei romani.

 

D’estate che si deve fare?

L’estate è stata inventata per le cazzate, per tradire, per godersi un viaggio che costa più di quanto puoi permetterti: qualunque cosa che a mente fredda ti domanderai come hai potuto. Agosto più che una vacanza è un’uscita da se stessi: i poveri si fingono ricchi, gli sposati si fingono singoli. Si recita un personaggio che l’autunno smentirà. Basti pensare al popolo di Brescia e Bergamo che compra la villetta a schiera in Sardegna e si veste alla Briatore, o ai vari influencer. Peccato che oggi nessuno racconti questi mostri come fece Dino Risi o come abbiamo fatto io e mio fratello, Verdone, anche Moretti moraleggiando un po’. È segno che siamo rassegnati a un presente da cui non riusciamo a prendere le distanze.

 

Perché?

Siamo sommersi nel dibattito ideologico tra presunti buoni e presunti cattivi, tra chi ha ragione e chi torto. È così noioso sapere già che sui giornali di domani ci sarà l’ennesima polemica su chi è fascista.

 

La cura Vanzina?

La leggerezza mozartiana che ha ispirato la commedia all’italiana. Quando mio padre fece ‘Guardie e ladri’ dissero che era un filmetto, e al mio ‘Lockdown all’italiana’ hanno rinfacciato il sorriso sul dramma della pandemia, ma la nostra forza narrativa è sempre stata questa e non c’è romanzo fondante quanto le commedie per capire il paese. Purtroppo è l’epoca dei seriosi e dei “seriosisti”. Lugubri, terribili, intruppati. Rivendico il diritto di vivere in un mondo in cui possiamo dire qualcosa di sbagliato, perché certi meravigliosi errori tornano utili alla vita. È nella dimensione del cazzeggio apparente l’unicità degli italiani. Mia moglie è tedesca, ma noi non siamo in Germania e in fondo siamo “li mejo”. Mi ha stupito lo stupore per le medaglie prese alle Olimpiadi: ci sorprendiamo ancora di essere bravi.

 

Cos’è che la intriga di più nella scrittura cinematografica e letteraria?

Il Tempo. Gli abbiamo dedicato film come ‘Sapore di mare’, i due di ‘A spasso nel tempo’, ‘Il cielo in una stanza’, ‘Torno indietro e cambio vita’. La cotta che presi per Proust al liceo Chateaubriand non mi è passata mai. Ma a parte lui, è il Tempo che spinge i più a scrivere. Ci fai a cazzotti, stringi compromessi, lo ami, lo odi ma è la dimensione più interessante. Impossibile raccontare tutto al presente, difficile al futuro. Devi poter saltare indietro.

 

Ha continuato a tenere un diario?

Sì: il Tempo va fissato, persino travisato per valutare meglio gli eventi della vita. Il primo ‘Diario’ copriva dieci anni, il prossimo cinque, dal ’22 al ’26. Non voglio scommettere oltre.

 

Cosa non cambia?

Quando scendo per la scalinata di Trinità dei Monti mi sento come a diciott’anni: sguardo sul futuro e un entusiasmo da Dolce vita.

 

Quale film consiglia per agosto, a parte i suoi?

Ho rivisto con infinita gioia ‘Io la conoscevo bene’ di Antonio Pietrangeli. È modernissimo. Suggerisco anche di leggere o rileggere Flaiano su Fregene. Quando lo ascoltavo dal vivo ridevo con le lacrime.

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