Venezia 2024
Il Festival di Venezia è delle attrici
Jolie è credibile come Maria Callas, e torna Tokyo della “Casa di carta”. Splendida. Il gusto di Larraín per il casting e “Kill the Jockey” che è da Coppa Volpi. Due film e una serie alla Mostra del Cinema
Meravigliosa la servitù, nel lussuoso appartamento parigino di Maria Callas al tramonto, raccontata dal cileno Pablo Larraín. Regista che ha un debole per le donne sole e un po’ sbandate: “Jackie” (vedova Kennedy), “Spencer” (nel senso della principessa Diana), e ora “Maria”. Il maggiordomo con la giacca bordeaux è Pierfrancesco Favino, la cameriera personale e cuoca che gira al volo le omelette è Alba Rohrwacher con la parrucca grigia – e l’andatura un po’ troppo scattante (Favino viene salvato dal mal di schiena che lo costringe a una certa rigidità). Scelte che nessun regista italiano farebbe mai, e che Larraín fa con la disinvoltura che gli aveva fatto scegliere per la principessa Diana (mentre la serie tv “The Crown” cercava le somiglianze) il volto di Kristen Stewart. Non una sosia, una bravissima attrice capace di rifare “lo sguardo da sotto in su” dell’intervista tv sul “matrimonio affollato”. Per la Callas, ha scelto Angelina Jolie, di impressionante magrezza, ma credibile – per chi giudica il cinema e non il bel canto – come soprano. Appare una barella: non che avessimo dubbi, son proprio gli ultimi giorni. Uno sceneggiatore brillante come Steven Knight – lo stesso che aveva scritto e diretto “Locke” e sceneggiato “Spencer” – ha costruito benissimo il film, con un “medley” di opere, teatri, costumi, festeggiamenti dopo lo spettacolo.
La fotografia è del grandissimo Ed Lachman, abituale collaboratore di Todd Haynes, oltre che di Steven Soderbergh e Todd Solondz. Passaggi veloci, bianco e nero alternato al colore, un giovane intervistatore che ha lo stesso nome delle medicine che Maria butta giù, e nasconde negli abiti.
Una giornata felice, speriamo che non sia l’unica della Mostra (sono già due, in realtà, l’apertura con “Beetlejuice Beetlejuice” di Tim Burton ha dato una bella energia). Dopo “Maria” di Pablo Larraín, abbiamo visto “Kill The Jockey” di Luis Ortega, con Úrsula Corberó, che era “Tokyo” in “La casa di carta”. Torna splendida qui, compagna del fantino Remo Manfredini, talentoso e piuttosto fuori di testa. Insieme, vesti da fantini perché anche lei cavalca cavalli da corsa, ballano un meraviglioso passo a due. Lui ha debiti con un boss mafioso, e il giorno della gara più importante ha un incidente grave con un cavallo costato una fortuna.
Ospedale, testa fasciata, fuga con gli abiti che trova: una pelliccia e una borsetta elegante. Gira per Buenos Aires, si mette un po’ di rossetto, quattro mocciosi vogliono adottarlo come mamma. 93 minuti e nessuno di noia, c’è ancora chi ha ritmo, gusto per il montaggio, e idee. Mai riusciamo ad anticipare quel che verrà. Da Coppa Volpi, non penserete mica di cavarvela con un Leone queer.
Cinque son le nuove serie in Mostra, la prima è “Disclaimer” di Alfonso Cuarón (andrà su Apple tv+ dal prossimo 11 settembre, con la spiegazione italica “La vita perfetta”, e la scansione che usa adesso: due episodi la prima settimana, poi uno ogni 7 giorni). Se in scena c’è Cate Blanchett, biondissima felice e fortunata, sposata a Sacha Baron Cohen “al naturale” – tanto che si fa fatica a riconoscerlo – prima o poi qualcosa dovrà incrinare tanta perfezione. Un libro, pubblicato a spese dell’autore, intitolato appunto “Disclaimer”: l’avvertenza che informa “i personaggi e gli avvenimenti di questo libro sono frutto della fantasia dell’autore”.
Mica vero. La giornalista Cate, che per mestiere mette a nudo i peccatucci altrui, trova nel libro un pezzo della sua vita finora rimasto segretissimo. Terrore e confusione. La smentita sarebbe una notizia data due volte, meglio di no. Il segreto è assai piccante, e i colleghi giornalisti sono a caccia di scandali.
Effetto nostalgia