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Venezia 2024

Il sesso torna a Venezia con Nicole Kidman, ma fa fare qualche risolino

Mariarosa Mancuso

Scene di sesso femministe e controverse in "Babygirl" di Halina Reijn. In un clima post #MeToo il direttore della Mostra del cinema concede qualche scena piccante

Il direttore Alberto Barbera è recidivo. Leggenda vuole – ma il cinema ci ha insegnato a “stampare la leggenda” – che nel suo primo giro alla Mostra del cinema, dal 1998 al 2002, per colpa di due o tre film con scene di sesso molto artistiche nonché esplicite, e relative domande sciocche da parte dei giornalisti, decise di affiggere sulla porta del suo ufficio un biglietto con la scritta “Porno Subito”. Si poteva ancora scherzare su queste cose, e Kim Ki-Duk non era ancora entrato nella sua fase di leggiadra spiritualità.
 

Alberto Barbera è recidivo. Dopo qualche anno con il freno tirato per via del #MeToo – che ha introdotto gli “intimacy coordinator” sul set, come se non ci fossero abbastanza persone, a muovere attrezzi, telecamere, luci – a Venezia 2024  concede qualche scena piccante. Ma con l’alibi. Per esempio in “Babygirl”, uno dei titoli in concorso diretto dalla regista olandese Halina Reijn.
 

Molte scene di sesso, ma femministe. Remake sessualmente corretti di certi film anni 90, “Basic Instinct” o “Attrazione fatale” – al punto che in un paio di momenti lo spettatore sveglio si chiede “è adesso che mettono il coniglio a bollire?”. Neanche per idea: siamo diventati neo-puritani ma anche animalisti, e soprattutto non sappiamo più distinguere tra la vita e il cinema – che magari fa piangere lacrime vere, ma sempre di finzione si tratta.
 

È il punto di vista di una donna, insiste la regista, nel caso non avessimo capito che la sventurata i guai se li va a cercare. Precisa l’attrice Nicole Kidman: “Girando certe scene mi sono sentita molto libera, per niente sfruttata”. Addirittura si fa una puntura casalinga di botulino, davanti allo specchio, a ricordare gli anni in cui non riusciva a muovere la fronte – ora invece sono le ginocchia a impressionare: solo ossa, niente carne, e la mutazione di certi polpacci che sembrano esistere soltanto per stare sui tacchi.
 

Il punto di vista femminile serve a giustificare tante scene in cui la fanciulla di turno non fa una bella figura (neanche la regista, che ogni tanto scatena nel pubblico risolini non previsti dal copione). Nicole Kidman è una manager di successo, che va in ufficio con i soliti cappottini e tailleurini che il costumista collettivo ha scelto per lei (com’era divertente invece vederla con il vestito a fiorellini troppo corto e troppo stretto, con cui arriva negli Usa come sposa comprata via internet, nel film “Birthday Girl”).
 

La donna di successo vuole essere maltrattata o addirittura schiavizzata. Ci pensa un giovanotto incontrato per strada, che si rivela essere un aitante sottoposto in training. Sarà proprio Nicole Kidman a fargli da mentore. Ne avete abbastanza? La regista ancora no, e si fa un giretto tra i luoghi comuni del soft porno. Accoglienza tiepida alla proiezione stampa. Il pubblico alla proiezione ufficiale applaudirà. Pare brutto non farlo con la regista in sala.
 

Avremmo voluto vedere le stesse scene girate da Alfonso Cuarón che nella miniserie “Disclaimer” filma sesso caldo e pericoloso – la vedrete su Apple tv+ l’11 ottobre prossimo, vale la pena. Altro sguardo femminile su Riccardo Schicchi e la sua agenzia “Diva futura”: Giulia Steigerwalt racconta l’inventore del porno italiano. Dovranno combattere per seppellirlo in terra consacrata. A lui dobbiamo Moana (la filosofa, in Italia la professione non ha barriere d’entrata) e Ilona Staller detta Cicciolina (parlamentare, poi sposa di Jeff Koons). Finalmente arriverà “Queer” di Luca Guadagnino, con Daniel Craig negli anni 50 messicani. Pronto a scavalcare tutti i rivali e prendersi il Leone d’oro.