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mostra del cinema di venezia

Ma quale Mose, la vera grande opera di Venezia è il suo red carpet

Saverio Raimondo

Settanta metri di marmo, cemento e tappezzeria rossa che ogni anno si confermano come un sorprendente simbolo di mobilità ed efficienza: puoi anche essere arrivato in laguna con il tuo jet privato, ma quegli ultimi metri te li devi fare a piedi. Una genialità italica

C’è una Grande Opera a Venezia, e non sto parlando del Mose. Un’infrastruttura che coniuga mobilità, cultura, esigenze civili e mediatiche. Sto parlando del red carpet della Mostra del Cinema, una vera eccellenza italiana che ormai batte – per prestigio, partecipazione e calore – quello concorrente del Festival di Cannes. Settanta metri di marmo e cemento (permanenti, realizzati nel 2016 dal comune) e tappezzeria rossa (provvisoria: viene stesa ad agosto, a ridosso del Festival, e una volta finito viene arrotolata e portata non so dove, forse viene compostata o riciclata, oppure la portano in tintoria, chissà). Il red carpet della Mostra di Venezia ogni giorno muove centinaia di persone all’interno del Palazzo del Cinema, e le muove sulle loro gambe: puoi anche essere arrivato in laguna con il tuo jet privato, ma quegli ultimi metri te li devi fare a piedi. Si tratta dunque di un’infrastruttura sostenibile per l’ambiente e che promuove uno stile di vita non sedentario, insomma un futuro migliore.

 

Dietro ci lavorano 2.565 persone (60 solo per la sicurezza non armata) e tutto scorre liscio e senza intoppi, con puntualità e velocità, mai una coda sul red carpet, e senza nervosismi anzi sono tutti contenti: dalle star (mai una defezione) ai fotografi, fino ai fan e ai cacciatori di autografi, alcuni dei quali si accampano sulla pensilina antistante sin dalla notte prima del passaggio del loro divo preferito, e nonostante la canicola diurna sia insostenibile mai uno che svenga disidratato per un colpo di calore. In un paese dove gli aerei vengono cancellati, i treni ritardano ore, le automobili si incolonnano per restringimento della carreggiata causa lavori in corso, il red carpet veneziano è un sorprendente simbolo di mobilità ed efficienza, mai un’invasione di campo da parte di qualche cavallo pazzo né uno che scivola o inciampa, deve essere proprio steso bene quel tappeto, nemmeno una piega. Altare democratico (tutti possono passare, purché abbiano comprato il biglietto per la proiezione in Sala Grande; e quindi è pieno di mitomani che vanno a vedere film polacchi “ma con i sottotitoli in tedesco” solo per postare il selfie sul tappeto rosso e millantare una qualche forma di celebrità e privilegio) ma anche meritocratico: nei 15 minuti prima della proiezione del film in concorso passano solo i registi e gli attori, insomma c’è tanto cinema e poca fuffa, sono lontani i tempi di chi sfilava senza mutande.

Persino Mattia Carzaniga, da quattro anni “il padrone di casa” che accoglie i divi e li intervista per RaiMovie e RaiPlay, è autenticamente cinefilo e vede i film di cui parla – fortunatamente non è stato sostituito da Pino Insegno. Carzaniga mi ha raccontato anche dell’ottimo rapporto che si è instaurato lì sul tappeto rosso con il collega di Canal Plus, insomma il red carpet di Venezia riesce dove spesso altre diplomazie falliscono: la collaborazione fra Italia e Francia. Unica concessione del red carpet all’infuori dello “specifico filmico” è la moda: per esigenze di mercato divi e dive sfilano  con abiti e completi della collezione autunno/inverno, nonostante qui al Lido ci sia un caldo da risaia; quindi l’altro giorno con 30 gradi c’era Alba Rohrwacher con un abito di velluto e Angelina Jolie con la pelliccia. (Off topic: quando capiranno le case di moda che c’è il riscaldamento globale, e anche a gennaio è sufficiente il cotone?). Ce l’abbiamo in casa, ce l’abbiamo da anni, ma come il dito puntato alla Luna tutti guardano le star che ci passano sopra e nessuno ha fatto caso al capolavoro che sta sotto ai piedi di Nicole Kidman, di Lady Gaga, di Monica Bellucci. Cosa aspetta il ministro Salvini a promuovere il red carpet di Venezia a livello nazionale? Un unico tappeto rosso su tutto lo Stivale, da Venezia alla Sicilia: il red carpet sullo Stretto. Oppure rimuovete l’attuale ministro, e affidate la mobilità delle persone alla Biennale di Venezia.

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