Venezia 2024
La sfilata di Clooney e Pitt a Venezia riporta in auge l'avanspettacolo
I quaranta minuti di red carpet dei due attori prima della proiezione di "Wolfs", vista da una tribunetta di cronisti posta all'ingresso del Palazzo del cinema: sorrisi, autografi, bellezza archetipica maschile e, quindi, fan in delirio
Venezia, dal nostro inviato. Anche George Clooney soffre il caldo: ogni tanto si apre la giacca dello smoking e se la sventola addosso. Brad Pitt invece suda proprio, sta lasciando l’alone sul tappeto rosso, anzi una scia tipo le lumache. Grazie al gentilissimo invito da parte del cerimoniale della Biennale, sono riuscito ad assistere al red carpet dell’altra sera da una posizione privilegiata, una sorta di “tribunetta” per i cronisti posta all’ingresso del Palazzo del Cinema ma dall’altra parte rispetto ai fotografi e alla folla di fan, insomma “dal lato sbagliato”: le uniche facce che vedo sono quelle dei cacciatori di autografi o semplici curiosi che premono sulle transenne nonostante sia l’ora di cena, delle star io vedo solo le nuche, le terga, le scapole – quando le schiene sono scoperte. Ma persino di spalle, Clooney e Pitt sono due divertenti professionisti dell’intrattenimento: si concedono a tutto (foto, autografi, scambi di battute con le tv) e a tutti – Clooney si piazza in mezzo ai fotografi per una foto di gruppo, poi si volta e viene a salutare anche noi qui sull’altra riva del carpet con un “Buonasera!” in perfetto italiano, giusto con una lieve inflessione di Como.
Il loro passaggio sul carpet dura una quarantina di minuti, uno spettacolo d’arte varia prima della proiezione di “Wolfs” in sala grande; praticamente Clooney e Pitt hanno rianimato con la loro ironia e generosità (e sì, anche e soprattutto con la loro bellezza maschile conforme al caro vecchio canone) un genere d’intrattenimento italianissimo che pensavamo estinto: l’avanspettacolo. Fan in delirio, manager un po’ seccati ma le star quando son qui non resistono: negli Stati Uniti bagni di folla come questo, dove tu miserabile arrivi letteralmente a toccare una divinità di Hollywood, non esistono, quindi gli autografi sono rari e hanno un mercato redditizio; i red carpet veneziani fanno crollare il valore di certe firme, da ieri per esempio gli autografi di George Clooney e Brad Pitt valgono meno del mio – vabbè, era così per dire.
La marcia trionfale delle due star è stata una dimostrazione di cosa sia (ancora) il divismo come fenomeno aggregativo e collettivo: forse ho assistito al suo canto del cigno, forse in futuro si esaspererà sempre di più la fama democratica e verticale dei social, quella dove tu puoi essere famosissimo per alcuni e un perfetto sconosciuto per altri (e senza ragioni, né per l’una né per l’altra cosa); ma intanto l’altra sera non solo la strada, persino il foyer del palazzo del cinema era gremito, le scale e la balconata interna erano piene all’inverosimile di persone con gli smartphone puntati, al Lido non si vedevano così tante braccia tese dai tempi di Mussolini. Ma questo (che sia di rendita o nel pieno esercizio delle sue funzioni) è il potere di Hollywood; non è mica così per tutti. Per il semplice fatto che non tutti siamo George Clooney e Brad Pitt; e non parlo solo di bellezza, ma anche della loro bravura a fare spettacolo, anzi, a essere lo spettacolo anche fuori dallo schermo.
Per dire: un’ora prima, su quello stesso red carpet passa una nutrita delegazione del Filming Italy Award di Tiziana Rocca. Saranno stati un centinaio, fra i quali Vittoria Puccini, Riccardo Milani, Asia Argento, Riccardo Cocciante, Franco Nero, Christopher Lambert, Sonia Bergamasco, Fabio Rovazzi, una manciata di influencer. Sfilano, si fanno le foto, qualcuno scende fra la gente per i selfie; poi però si piazzano tutti lì sul red carpet per circa una mezz’ora, chiacchierano tra di loro, si sventolano, ciondolano distribuendo il peso prima su una gamba poi sull’altra; ma dove siamo, in piazzetta? Questi hanno scambiato il red carpet per uno struscio di paese.
Politicamente corretto e panettone