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Venezia 2024

Phillips e Phoenix ci riprovano ma questo “Joker” ha perso smalto e ironia

Mariarosa Mancuso

Il successo e l'incasso record del primo film sembrano ricordi molto lontani. A Venezia, il secondo capitolo incentrato sul nemico di Batman non convince

"Queer” di Luca Guadagnino ha travolto il Lido con la sua passione non corrisposta, tratta da un romanzo degli anni Cinquanta. I giornalisti del 2024 ne sono rimasti turbati. In nome e per conto del pubblico, sicuro: a Daniel Craig hanno chiesto “gli spettatori non resteranno male, vedendo l’attore di 007 in un film gay con sesso sul materasso?”. Un film di “froci”, dicevano i sottotitoli. Ma quando William Burroughs scrisse lo scandaloso libro voleva dire solo “diverso”, o “bizzarro”. Né frocio né “checca” come noi intendiamo il termine (finito anche sulla copertina del libro Adelphi).

     Daniel Craig gira per Città del Messico con il suo completo bianco, e un cappello che non sarebbe spiaciuto né a suo padre né al nonno. Sciaguratamente il sesso e la droga, in un titolo che bisognerebbe incorniciare, fanno scattare nella testa del giornalista collettivo il rock & roll. Peggio per lui, voi correte a vedere “Queer” quando uscirà nelle sale italiane. Con il titolo originale, ogni tentativo di cambiarlo peggiorerà la tragica leggerezza che Guadagnino ha messo nel film.

     Siamo tornati su “Queer” perché l’altro film molto vantato in concorso alla Mostra ha molto deluso. Dopo il meritato Leone d’oro cinque anni fa per il primo “Joker”, come questo seguito diretto da Todd Phillips – “Joker: Folie à deux” – non ha più l’energia, l’autoironia, e neppure una trama degna. Gira in tondo, per tornare sulle sofferenze infantili e sulle sproporzionate reazioni del nemico di Batman (prima di emanciparsi con un film tutto suo rendeva la vita difficile all’uomo pipistrello, che lo incontrò la prima volta in un albo del 1940).

     Ovvio che certi incassi record – oltre un miliardo di dollari nel 2019 – più il Leone vinto, più un paio di Oscar su 11 nomination, mettono a chiunque una gran voglia di ritentare il colpo. Regista, produttori e l’attore Joaquin Phoenix, qui insieme a Lady Gaga. Il film ha qualche canzone in più, cantata dal vivo in duetto – ci tengono a far sapere. Noi però abbiamo in mente Harleen Quinzel già passata dal lato oscuro dei supereroi, nei film con Margot Robbie: codini stretti con l’elastico e anfibi. Qui l’antica morosa insegna canto ai detenuti, nell’Arkham State Hospital dove il Joker è stato rinchiuso per gli omicidi commessi del film. Musicoterapia, con repertorio dai Bee Gees a Billy Joel.

     Non sono trame particolarmente raffinate, qualcosa si poteva inventare. Invece tra i piccioncini è amore a prima vista. Le guardie carcerarie – e parecchio altro – arrivano dal gran catalogo degli stereotipi. È pur vero che se ti premiano con il Leone d’oro poi non dai ascolto a nessuno, ma c’è un limite. Tanti soldi spesi, pare 200 milioni, tre volte la cifra investita nel primo film. Non è detto che procurino lo stesso colossale incasso. Harley Quinn e Joker si amano e si lanciano occhiate tenere. Magari neanche consumano, il pubblico d’elezione sono ragazzini nell’età che a vedere un bacio si schifano.

Musica e passioni anche nel documentario “Twst - Things We Say Today” firmato dal rumeno Andrei Ujica. Anni fa aveva scelto e montato in un magnifico documentario le immagini del regime di Ceausescu e della sua caduta. “Twst” racconta il secondo tour dei Beatles negli Usa, con materiali d’archivio e film amatoriali e riprese tv risalenti al 14 e 15 agosto 1965. Le immagini del concerto allo Shea Stadium riprese da 14 telecamere, e le ragazzine urlanti all’aeroporto. Spicca, a colori, un giro dell’Esposizione Universale. Il padiglione Vaticano e i padiglioni sulla scienza e sulla tecnica. La monorotaia sospesa annuncia il futuro – come sempre diverso da quel che davvero succede.