venezia 2024

Alla Mostra arriva quel Duce urlante che fra trucco e protesi ricorda tanto Giorgio Bracardi

Mariarosa Mancuso

L’Italia vista da Venezia. Un paese di pornostar, padrini, medici di guerra e fascisti. Nei giorni scorsi, sempre sotto la bandiera italiana, abbiamo visto il film di Gianni Amelio “Campo di battaglia” e “Diva futura” di Giulia Louise Steigerwalt. In quota mafia, ecco “Iddu” di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza

L’Italia – vista dalla Mostra di Venezia. Un paese di pornostar, mafiosi, medici di guerra e fascisti. Se preferite, “cultori di Mussolini”; ma il manifesto di “M-Il figlio del secolo” diretto da Joe Wright ha una ferita rossa sul manifesto candido. La grandiosa serie in 8 episodi – parliamo di sforzo produttivo e di pubblicità preventiva: il primo libro dell’opera-fascio di Antonio Scurati, vincitore dello Strega 2019, ha venduto in Italia 500 mila copie. Sarebbe interessante sapere quanti l’hanno letto fin in fondo. E nel frattempo sono arrivati gli altri volumi, molto ben venduti perché al cuore non si comanda.
      

Abbiamo avuto la fortuna di nascere appena fuori dal confine italiano, da decenni ci interroghiamo sul fascino che Mussolini esercita sugli italiani (esclusi gli storici che lo studiano, s’intende). Vedremo la serie su Sky e su Now, nel 2025. Sappiate però che Luca Marinelli, tra protesi e trucco, ha una fatale somiglianza con Giorgio Bracardi quando sbraitava “in galera! in galera!”.
      

Nei giorni scorsi, sempre sotto la bandiera italiana, abbiamo visto il film di Gianni Amelio “Campo di battaglia”. Curato alla maniera antica, con il suo bel messaggio. Anzi due: dopo la Prima guerra mondiale arriva la Spagnola e si accanisce sulle donne che avevano preso il posto degli uomini. Alessandro Borghi è un dottore che fa di tutto per non guarire i soldati, e dunque rimandarli sul campo di battaglia. Sarebbe morte quasi sicura. L’altro dottore Gabriel Montesi trova la pratica indegna: i soldati devono morire al fronte, non in ospedale. Neanche a dirlo, sono innamorati della stessa infermiera – che ha studiato medicina ma non le hanno dato la laurea. Il copione è lento, la recitazione teatrale non trasmette granché. 
    

Archiviati i medici di guerra, arrivano le pornostar dell’agenzia Riccardo Schicchi nel film “Diva futura” di Giulia Louise Steigerwalt. I nomi di Cicciolina, Moana Pozzi, Eva Henger sono più facili da tenere a mente. Il debutto del porno italiano professionale (prima erano disegni sulle cartoline, o sui vetrini della lanterna magica, donne cicciottelle – per gli standard di oggi – e maschi con i baffi, tutti più o meno nudi). L’allegria e il volto di Pietro Castellitto danno al personaggio Schicchi un sovrappiù di simpatia – l’originale, chi lo ha conosciuto concorda, non era altrettanto gioioso. 
     

Mr Schicchi aveva una missione da compiere, contro la pruderie italiana. Scoprì belle ragazze intraprendenti: Cicciolina – nata Ilona Staller – sposò Jeff Koons e entro in Parlamento. Anche Moana Pozzi cercò una via d’uscita dal mestiere abbracciando la via politica, ma ebbe meno successo. Morì giovane, fu “santificata”. La regista inizia n maniera brillante. Poi, un po’ i lutti un po’ il moralismo che spunta fuori, per i “peccatori”.
     

In quota “mafia” – è il western italiano, guai a non concederselo – “Iddu” di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza. “L’ultimo padrino”, annuncia il sottotitolo. Uno così potente che neppure si può nominare, un “tu sai chi” nella Sicilia delle coppole e dei pizzini – scritti, plastificati, infilati tra le branchie del pesce al mercato. “Diva futura” comincia con toni e colori pop. “Iddu” dal punto di vista visivo neppure comincia: poche parole nella masseria, molte armi in casa, “l’erede” costretto a vivere sottoterra, come un topo.
     

En attendant il Mussolini diretto da Joe Wright – fuori concorso, ma come le altre serie della mostra impossibili da seguire, se uno non è insonne alla maniera di Oreste Del Buono – il catalogo delle “storie della storia d’Italia” finisce qui. Spettatori e critici stranieri se ne faranno una ragione.