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Cinema

Venezia dedica a Mastroianni una mostra che evita la patetica nostalgia del tempo che fu

Giacomo Giossi

La mostra "Marcello come here" curata da Laura Delli Colli offre un ritratto fotografico e avvolgente del protagonista di "La dolce vita" regalando una possibilità diversa di pensare e di vivere l'arte e il cinema

Nei giorni in cui il cinema mondiale veniva accolto al lido di Venezia, nonostante le rassicurazioni della coppia Buttafuoco e Barbera e la messa in posa di scenografie, luci e tappeti rossi, la sensazione era quella di un mondo che si trascina stancamente nella sua lunga agonia di sale vuote che a differenza di quanto si possa immaginare non precede la morte cerebrale, ma anzi vive di proroghe continue. Come un abuso tenuto in vita sempre dal prossimo possibile condono. Una concessione necessaria a mantenere se non più il sogno almeno quel che resta della sua fragile illusione. Una fragilità che fatica a dare il giusto rilievo all’enormità rappresentata dall’anniversario che porta con sé i cento anni dalla nascita di Marcello Mastroianni, ma che in qualche modo riesce a interpretarne il carattere, quella modesta morigeratezza di uno dei più grandi attori del Novecento.

Per poter godere ancora dell’immagine e della voce del grande attore è necessario recarsi all’isola di San Servolo. Già sede del manicomio di Venezia, l’isola intreccia il centenario di Mastroianni con quello di Franco Basaglia ricordato invece alle Giornate degli autori con gli scatti di Gianni Berengo Gardin e Carla Cerati tratti da Morire di classe. A cura di Laura Delli Colli, la mostra “Marcello, come here” (omaggio del Centro sperimentale di cinematografia che sull’isola inaugurerà a breve la sede veneziana dedicata alle arti immersive e performative) offre un ritratto fotografico e avvolgente del protagonista della dolce vita. Si va dal rapporto con i registi, su tutti ovviamente Luchino Visconti con cui esordi a teatro poi Federico Fellini, ma anche Alessandro Blasetti per cui Mastroianni ebbe sempre parole di sincero affetto. Poi come da rito: le partner, lo stile e quella capacità di rappresentare un uomo comune, medio diceva lui, ma sempre irraggiungibile.

Una forma di ideale utopico, ma della porta accanto. Un sogno totale e assurdo, come l’omaggio cinematografico di Christophe Honoré che in Marcello mio ha addirittura immaginato Chiara Mastroianni tramutarsi nel padre. E con Marcello Mastroianni è possibile anche cogliere l’enormità di un cinema, quello sì da grande schermo, che già le foto di scena colgono in tutta la sua magia. I visitatori vengono poi accompagnati di sala in sala dalla voce di Mastroianni tratta dalla masterclass tenuta nel 1988 proprio al Centro sperimentale di Roma. Una voce accomodante e dolce, ma capace di non banali premonizioni come quella di un cinema rimpicciolito, magari da vedere su schermi portatili. Un cinema che comunque necessiterà di attori e attrici, forse non grandi, ma certamente bravi. “Marcello, come here” evita la nostalgia patetica del tempo che fu, regalando l’ironia e l’intelligenza di una possibilità diversa di pensare e di vivere l’arte e il cinema: “Sì Sylvia, vengo anch’io. Vengo anch’io. Ma sì ha ragione lei, sto sbagliando tutto, stiamo sbagliando tutto”.

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